sabato 28 novembre 2009

Gaio Duecento


E sono di nuovo giorni ripiegati e dolenti. Frenetici nello spietato scatenarsi di assillanti incombenze, ed insieme torpidi e dolenti per la stupefatta inerzia con la quale mi trovo a trascorrerli, e a farvi fronte. Un'inerzia che stupisce anche me, e che mi puzza sempre più di sconfitta definitiva: una Caporetto dove sembra impossibile qualsiasi ipotesi di contrattacco; qualsiasi speranza di riscossa. Cerco di sostenermi con le attenzioni e le sollecitudini che mi regalano alcune anime elette ma troppo lontane per soccorrermi in questi momenti; e più mi ci aggrappo più ne divento famelico, e meno riesco a saziarmene. Vergognandomi di questa bulimia, rischio di diventare anoressico.
Se mi guardo dentro provo un misto di compassione e di schifo. E questo non aiuta; questo mi preclude quelle vie di fuga attraverso le quali, un tempo, riuscivo scaltramente a sfangarla.
Ma questa sera ho bisogno di fermarmi, e di combattere questo strano freddo che sento nelle ossa. Torno a cercare calore e ristoro nel mio adorato Duecento, che come al solito non mi delude, e mi regala questo meraviglioso sonetto gay di Nicola Muscia da Siena:



Giùgiale di quaresima a l'uscita,
e sùcina fra l'entrar di febbraio,
e mandorle novelle di gennaio
mandar vorre' io a Lan ch'è gioi' compita;

ch'i' l'amo più che nessun uom la vita,
ed e' mi tien per suo e sono e paio:
ed e' se ne potrebbe avveder naio;
e a lui vado, com'a la calamita

va lo ferro, che è naturaltade:
Amor comanda, e così vòl che sia,
ched i' faccia per la sua gran beltade,

ch'è tanta che contar non si poria;
ma non dico così de la bontade
né del senno, per ciò ch'i' mentiria.

Ho scritto a bella posta "sonetto gay" perché in esso c'è la serena, piena consapevolezza della naturalità insita nell'amore omosessuale. Una consapevolezza non soggettiva o occasionale, ma alimentata dall'humus culturale di un'Italia che attraversava uno dei periodi più straordinari della sua storia. Ne offro, per maggior chiarezza, una mia versione in lingua corrente.

Giuggiole a Quaresima adempiuta
e susine agli inizi di Febbraio
e mandorle novelle di Gennaio
vorrei donare a Lano, mia gioia compiuta;

che l'amo più della mia stessa vita,
e lui mi ritien suo, e questo io lo so:
che se ne accorge pure chi veder non può;
e a lui vado come alla calamita

va il ferro, e quest'è naturalezza:
l'Amore mi comanda, e così vuole che sia,
e che lo faccia per la sua gran bellezza

che è tanta che spiegarla non potrei;
ma non dico così di sua bontà
nè del senno: che altrimenti mentirei.

Che meraviglia questo Nicola innamorato e fiero di sapersi corrisposto, orgoglioso della sua passione e dei suoi sentimenti! Che dolce questo Nicola che vorrebbe regalare al fidanzato cose che manco esistono come le susine di Febbraio o le giuggiole d'Aprile. E pazienza se il Lano del suo cuore è bellissimo ma stronzo, e anche un po' svaporato: mica sempre ci si innamora delle persone perfette, no? Che poi anche Nicola, a dirla tutta, non è uno stinco di santo nemmeno lui, e quelle malelingue dei suoi amici dicono che è una strega capace di trasformarsi in gatta "...e va di notte, e poppa le persone"; ma secondo me è tutta invidia di quelle Kretine!

5 commenti:

lavecchiaMarple ha detto...

Toh, anche nel 1200 andavano di moda i Nicola! Forse un po' più decisi di quelli di oggi...

Marco Boccaccio ha detto...

ma dove li trovi?
bello, comunque, ed elegante e forte
amor comanderà fino alla morte

Asa_Ashel ha detto...

Mi affascinano questi regali inesistenti descritti all'inizio del sonetto, che però definirei "in divenire", come fossero una promessa sulla fiducia.

Ricordi, un anno fa?

Rosa ha detto...

La poesia è bellissima,
ma basta con i ripiegamenti tu, scemino!
E se hai bisogno, chiedi che siamo qui!!!

Anonimo ha detto...

Lano = l'ano

interessante coincidenza...