martedì 29 giugno 2010

Auguri, Ingegnere!



Ci sono persone che ti segnano la vita più di altre, e diventano un discrimine inamovibile fra il prima e il dopo di cui sono causa e motore. Ci sono amori che metabolizzi ed assimili fino a farli diventare una parte di te: una parte da cui la tua essenza non potrà più prescindere, se la vorrai in qualche modo definire. L'Ingegnere è una di quelle persone. Alcuni anni fa mi sottrasse ad una sorta di catalessi esistenziale e sentimentale in cui ero sprofondato da tempo; e lo fece con garbo, con finezza, con ironia e anche con un certo giustificato e comprensibile timore. Fu lui a convincermi ad aprire il Blog: e di questo, mi sa, non l'ho mai ringraziato abbastanza. Fatto sta che il Blog, in alcune sue parti, gronda letteralmente di lui.
Lo amai molto, moltissimo: fu un amore non facile, impegnativo e bellissimo.
Finì, inevitabilmente, perché doveva finire; o meglio: perché non poteva non finire. E si sa che due cancerini, quando si mettono insieme, in certe cose sfiorano il paradiso, in altre pencolano abbracciati sulla Geenna. Col senno di poi, fu un amore importante, che mi fece un gran bene.
Domani l'Ingegnere della mia vita compie gli anni ( un sacco d'anni! ): e siccome mi stavo sbagliando sulla data del genetliaco, e siccome mi ha corretto lui che sa un sacco di cose, ( mi ha anche insegnato a scrivere perché invece di perchè, e un po' invece di un pò, non so se mi spiego) non posso non fargli un monte d'auguri appassionati e convinti!

P.S. L'ingegnere della mia vita non assomiglia al suo collega ritratto in foto. All'epoca della nostra frequentazione era decisamente meglio!

Padre e figlio


Quando qualcuno dei vostri amici dirà che non ha nulla contro i gay, ma che il matrimonio fra persone dello stesso sesso no, perché scardina l'istituzione della Famiglia, e le adozioni manco a parlarne, perché un bambino non può crescere bene senza una figura materna, fategli leggere questa lettera. L'ha scritta un ragazzo argentino di sedici anni, Daniel Lezana, al Senato del suo Paese, dove sono in corso grandi manovre per bloccare la legge recentemente approvata che ha introdotto il matrimonio per le coppie omosessuali.



"Signori Senatori,

mi chiamo Daniel Lezana, sono figlio di Luis Lezana, ho sedici anni e sono stato adottato sei anni fa, motivo per cui posso assumere il cognome di mio padre.

Martedì 8 giugno sono stato con mio padre in Senato, ho ascoltato le diverse opinioni e ora anche io voglio dire la mia.

Non divido le persone in base alla loro sessualità: etero, omo, trans e via dicendo.

I miei genitori biologici erano eterosessuali e, per le circostanze della vita, il mio fratellino e io siamo andati a finire in un orfanotrofio (non mi va di spiegarne le ragioni).

Per quattro volte, famiglie eterosessuali hanno provato ad adottarmi per poi rispedirmi all’orfanotrofio, perché dicevano che ero irrequieto; una volta mi hanno portato indietro perché avevo dato troppo cibo ai pesciolini fino a farli morire. Delle altre volte ricordo poco, dal momento che avevo più o meno otto anni.

Non voglio dire che tutti gli eterosessuali siano cattivi: io sono eterosessuale, mi piacciono le ragazze e sono una buona persona.

Quando avevo dieci anni si è presentato all’orfanotrofio Luigi, padre della mia anima, come diciamo noi. Il giudice mi disse: “Dani, c’è un single che ha un grande cane che si chiama Carolo e vuole adottarti”. Io non riuscivo a crederci: c’era una nuova speranza per me che pensavo di rimanere nell’orfanotrofio al pari di molti altri ragazzi grandi. Il mio fratellino era stato adottato perché piccolino: lui sì che aveva avuto fortuna… Io ero grande, perché nessuno mi voleva? Tutte le notti me lo chiedevo, fino ad addormentarmi senza trovare risposta…

Fu così che venni a Buenos Aires. Gli inizi non furono facili. Luis è un architetto e la casa è quasi sempre un caos: sempre modifica qualcosa, non si riposa mai… ah, ah, ah. Luis è un bel rompino: tutto il giorno mi chiede: “Hai studiato? Ti sei lavato? Hai lavato i denti?” “Uffa – rispondo – mi sono stufato…!” Però, quando la sera vado a dormire, lui sempre viene a rimboccarmi le coperte e a darmi un bacio sulla fronte… proprio cattivo, vero? Ah, ah, ah

Passato un po’ di tempo mi feci coraggio e parlai con il mio vecchio dell’omosessualità: all’inizio non mi piaceva, perché non lo capivo. Anche a voi deve succedere lo stesso, no? Voi capite con il cuore che significa essere gay?

Con il tempo ho iniziato a vedere con gli occhi del cuore sia Luis che Gustavo (il suo ex, ora si sono lasciati)… sono anche figlio di genitori separati… occhio con i miei traumi… ah, ah, ah. Mi sarebbe piaciuto se Luis e Gustavo si fossero sposati, così avrei avuto due papà.

Quando vivevamo in cinque (c’erano anche due cani), eravamo contenti: Luis (il mio vecchio) era il cattivo e noi eravamo le sue vittime… ah, ah, ah… era bello: tutti eravamo contro di lui che doveva sempre difendersi.

Secondo Luis (e io rido molto di questo) lui deve essere madre e padre contemporaneamente… è proprio un personaggio! Succede lo stesso a tutti i figli che vengono cresciuti solo da un padre o da una madre, no? I loro genitori svolgono due ruoli e anche il mio lo fa.

Noi siamo una famiglia, piaccia o meno a molti, questa è la mia famiglia.

Per quanti pensano o credono che il mio vecchio mi inculchi l’essere gay o che mi possa contagiare, si sbagliano! A me piacciono le ragazze e molto! E se anche fossi gay? Voi credete che siccome mi ha cresciuto un gay… mmm… non ci credo. Ora che vi sto scrivendo sia per i diritti del mio vecchio che miei, desidererei che lui si sposasse. Come io mi sposerò un domani.

Quando lui si sposerà lo farà con un altro gay, una persona come lui. Non si sposerà con un etero: cosa temete? Che i gay sono una piaga che ci colpirà? Se si sposerà mio padre, le pagelle scolastiche le potranno firmare in due e alle riunioni della scuola potrà venire l’uno o l’altro. Voglio avere gli stessi diritti che hanno i miei compagni di classe e se loro (i miei padri) si separano, avere gli stessi diritti che hanno i figli di genitori separati… i loro figli li hanno e io no, perché?

Infine, vi dico che sono orgoglioso del padre che ho e da lui imparo che nella vita bisogna lottare per le cose alle quali teniamo e io, amato vecchio mio, starò sempre al tuo fianco.

Per favore signori senatori: i gay si sposeranno tra di loro, non temete, non si sposeranno con voi.

Grazie mille.

Daniel Lezana"



( Io a leggere questa lettera ho pianto come un vitello. Ma non faccio testo, sono solo un vecchio frocio rincoglionito)

giovedì 24 giugno 2010

Notte di San Giovanni


Non so se dalla foto si vede, ma a mezzanotte sembrava il crepuscolo: c'era ancora così tanta luce che le stelle sembravano scomparse. Avrei dovuto approfittarne per stendere lenzuola di bucato sul prato davanti casa e recuperare, strizzandole e torcendole all'alba, la rugiada magica con cui confezionare potentissimi elisir e pozioni miracolose e salvifiche.
Avrei potuto accendere un falò per ingrassare la terra e per propiziarmi le modeste divinità ctonie e paesane che ne popolano gli anfratti.
Avrei dovuto, senza lume, andare a caccia dell'Iperico, che se raccolto in quella notte diventa l'Erba Scacciadiavoli, e stermina tutti i nemici invisibili che ci rodono dal di dentro.
E prima di addormentarmi avrei dovuto scagliare le ciabatte contro la finestra di camera mia: se le avessi trovate, al risveglio, una girata al contrario dell'altra, sarei stato sicuro di sposarmi entro i prossimi dodici mesi.
Non ho fatto niente di tutto questo: per me quella che sta cominciando è da sempre la notte più brutta dell'anno; e in quella di ieri, che invece da sempre è per me la più esaltante e maliarda, mi ci sono preparato, come in una veglia d'armi. Sono uscito di casa ben oltre la mezzanotte, quando l'aria immobile sembrava sfrigolare d'energia, e le lucciole erano talmente smaglianti da rendere ancor più nero, per contrasto, il buio impenetrabile delle forre. Ho camminato un paio d'ore, piano piano, lungo i sentieri e le capezzagne attorno casa. Bobo mi ha seguito per un po', incuriosito da questo mio insolito vagabondaggio notturno; poi si è fatto distrarre dal lontano gannire delle volpi, è partito in quarta e non s'è più visto. Così sono rimasto solo tra i fruscii, i sussurri, i ronzii, gli zirlii, i gracidii, le risatine chiocce e le pernacchiette che mi indirizzavano gli
esprìt folèt. In quella notte hanno il permesso di stare in giro fino all'alba perché le marane, i toubiòt ed i sarvàn non escono dalle loro tane: e, monellacci, ne approfittano. Non sono cattivi, a meno di aver paura di loro; ma sono linguacce. Sanno snocciolarti e rinfacciarti le cose che ti ostini a tenere nascoste a te stesso, che rifiuti di considerare, che rimuovi più per timore che per leggerezza. Han cominciato a dirmene di quelle che ad un certo punto mi sono spaventato: e una volta visto che cedevo, ci sono andati giù pesante.
Ad un tratto mi sono sentito come nudo, infreddolito, inzuppato di pioggia, gravato ed oppresso da un peso insostenibile; mi sembrava che il terreno, da soffice ed elastico che era, diventasse viscido e fangoso al punto da rendere i passi sempre più faticosi e difficili. Sono arrivato a casa che ero uno straccio; e mi ronzava nelle orecchie la voce sibilante e metallica di quello che continuava a ripetermi: " bravo, hai scelto un'ottima corda con cui impiccarti! ".
Ma la notte di San Giovanni è la notte della grazia, e c'è sempre qualcosa che ti salva, se la sai cercare. Sempre.
Mi sono svestito in fretta e mi sono infilato nel letto quasi gemendo. Poi, mentre stavo per spegnere la luce, lo sguardo mi si è posato sulla scrivania. Quattro pacchetti, quattro regali di persone che amo. Erano lì da giorni, e li aprirò solo domani. Ma questa mattina prima dell'alba sono stati i miei talismani che hanno sconfitto le tenebre. Me li sono coccolati a lungo: carezzandoli, soppesandoli, scrollandoli delicatamente per cercare di indovinarne il contenuto. E sorridendo, finalmente sorridendo di un sorriso buono e rigenerante. Sorridendo alla grazia di quelle persone amate, che hanno fatto in modo di rendermela ancora una volta concreta e tangibile.
La felicità vera non è una febbre, non è uno spasmo, non è un delirio; è una goccia di balsamo che per un po' ti placa la tosse; è l'ombra di un albero fronzuto sotto cui fermarti mentre cammini nella canicola; è un'onda tiepida che ti lambisce e si ritrae, e sembra perduta, e invece ritorna.

sabato 19 giugno 2010

A la guerre comme à la guerre



Gli strapazzi del clima, le privazioni, le ansie, le fatiche, le tribolazioni hanno presentato il conto: e ho ceduto di schianto, una resa senza condizioni. Tifo, malaria, febbre petecchiale, scrofole, cimurro, idropisia e ginocchio della lavandaia. Dura la vita di noi soldati, sì. Ma proprio perché soldati, e leali e franchi cavalieri, non ci si ferma: il dovere chiama, e l'ora dell'Onore e del Valore sta per scoccare. Come il principe di Condè prima della battaglia di Rocroi, ho dormito profondamente; e come il sire di Montluc a Siena, mi sono strofinato le gote col vino rosso per attenuarne il colorito malsano. Ho affilato la spada, visitato la truppa, sistemato le salmerie. Ho congedato con garbo ma con fermezza il prete che voleva confessarmi:
" Sant'uomo - gli ho detto- i miei peccati sono talmente numerosi, e grandi, che Voi non potete redimerli. Me la vedrò con il vostro Principale, l'unico a conoscere quegli atti virtuosi, e quelle azioni, che potranno in qualche modo temperarli, e scamparmi per Sua mercè alla dannazione".
Mi ha guardato con la bocca aperta, come si guarda un impudente o un pazzo : " Voi state parlando da eretico, Monsignore, come il peggior anabattista. Morirete in peccato mortale. Dio abbia pietà della vostra anima". Ho risposto: "Se avete finito potete andare"; e quello se ne è partito recitando giaculatorie e segnandosi ripetutamente.
Ho dato un ultimo sguardo al cammeo che ritrae un caro volto amato, l'ho rinchiuso e riposto nel baule.
Ora quel che deve succedere, succeda.

venerdì 18 giugno 2010

"...la c'è, la Provvidenza! "




Il fatto che il terrificante simulacro della foto, costruito in un'oscura cittadina dell'Ohaio e alto venti metri, sia stato totalmente incenerito da un fulmine e ridotto alla misera carcassa di qui sotto, dimostra una cosa sola: Dio esiste, e odia il brutto.



giovedì 17 giugno 2010

Turin ch'a bogia


Vado di fretta, vado di fretta: non ho più tempo, datemi retta. Non c'è Gino ad aspettarmi su di un'Alfetta piena di muffa, ma ho incombenze importanti da finire entro stasera. Domani avrò finalmente tempo per raccontare del mio recente viaggio, sempre ammesso che ne abbia poi la voglia. Ma rubo un attimino alle incombenze di cui sopra per ricordare che Sabato ci sarà il Torino Pride, e che di questi tempi, mentre altre manifestazioni consimili sembrano stanche e smarrite, ha il coraggio di tentare un colpo d'ali proponendosi in una formula del tutto nuova.
Chi volesse saperne di più, legga quanto scrive il bravo Samuele Siani.
Io, come piemontese, non posso che dichiararmi soddisfatto di questa mia capitale " ch'a bogia", che si muove, che sperimenta, che anticipa. Lo ha fatto spesso altre volte, sia pure senza clamori e un po' in sordina: e di solito con risultati discreti. Speriamo sia così anche a questo giro.
Io non ci sarò, Sabato ho impegni gravosi ed inderogabili. E mi dispiace, perché ci sarei andato davvero volentieri.

mercoledì 9 giugno 2010

Alejandro!


Poichè non mi posso permettere una credenza nuova , parto.
Vado a vedere se è vero che Rasmussen è più bello di Cacciari,; se è vero che lassù la montagna più alta misura centosettanta metri ( più o meno la metà della collinetta dove vivo io); se è vero che quella è la nazione più felice del mondo. Dormirò con uno spagnolo ( don't call my name, dont'call my name, Alejandro!) , mangerò sotto i ponti, e farò la via crucis delle bettole. No, in questa non andrò, nonostante mi ci troverò a due passi.
Che poi non avrei potuto nè voluto andarci; ma mi ci hanno mandato, a quel Paese!

Approfitto per ringraziare le meravigliose creature che tempestivamente hanno provveduto all'aiutino (aiutone) richiesto ieri; e che il sorriso me l'hanno temporaneamente ma prontamente ripristinato.

martedì 8 giugno 2010

Buio




Tutto grigio, di nuovo.
Come un crepuscolo.
Un sorriso, per favore.
Un aiuto.

giovedì 3 giugno 2010

Lo Splendore



Si, sarebbero giorni bellissimi. Tira da tempo una costante brezza di mare, calda e secchissima, che spazza il cielo e permette solo il passaggio di poche nuvole placide ma veloci come giumente golose. Il verde cupraceo ed alchemico di un Maggio intriso di pioggia, adesso s'è fatto smeraldino e venato d'oro, e sontuoso ed arcano come un'abside bizantina, palpitante e caldo come un ramarro al sole, vibrante e ronzante come le elitre di una cetonia.






Dura tutto il giorno, questa luce; e il giorno sembra non finire mai, e solo il lentissimo girare delle ombre rivela il trascorrere delle ore. Ombre che acquistano forza proprio dal contrasto con tutto quest'oro accecante: e più riluce ed evapora in bagliori, più quelle si fanno dense e compatte e impenetrabili.



Hod è la Sephirah dello Splendore; una delle tre dove si fondono le energie che scendono dall'alto con quelle emanate dalla materia. Secondo la Quabbalah essa è la prontezza del cambiamento, l'adattarsi alle mutazioni. E' l'arte della sconfitta, il saper imparare da essa ciò che va cambiato. E' l'arte della semplicità e della fiducia in se stessi; della capacità di non dare troppo peso al futuro per non rischiare di vivere male il presente.




Ma dopo Hod arriva Yesod, dove si concentrano le emozioni e i turbamenti, i segreti, le passioni, le attrazioni, gli amori . Se Hod è luce sfavillante, Yesod è penombra calda e vischiosa. Se Hod è Splendore, Yesod è Fondamento: è la Verità che ci portiamo dentro, e che troppo spesso non abbiamo il coraggio di guardare. Hod la contemplo da fuori, in Yesod ci sono immerso fino al collo. Senza Hod, Yesod è come un gorgo lento ma inesorabile.