Quel gran figo di Cadavrexquis ha scritto di recente: "Vivere senza scrivere significa vivere senza dare testimonianza di sé a se stessi. Significa vivere senza che nessuno stia a guardare, in continuazione, quello che si sta facendo, anche se quel qualcuno che osserva siamo “soltanto” noi stessi." Ecco, mi accorgo, di colpo, che ultimamente mi sono testimoniato assai poco, e osservato ancora meno. Non solo attraverso questo blog, sia chiaro. Come la contessa di Castiglione, ho velato tutti gli specchi per non vedermi. Sono fuggito a me stesso, e mi sono perso. Salvo poi scoprire di essere finito in una palude; in sabbie mobili che mi stanno lentamente, dolcemente, inesorabilmente inghiottendo. Anni fa stavo per morire in un tino appena svuotato ma ancora saturo di anidride carbonica. Il gas aleggiava sul fondo, si sprigionava dalla feccia che dovevo lavare. Provai con un fiammifero per controllare che l'aria fosse respirabile: rimase acceso, tutto a posto. Mi infilai dentro dalla portella, con i miei stivaloni, lo spazzolone e la canna dell'acqua, e cominciai a lavorare di buona lena. Smuovendo la feccia, il gas si alzò con maggiore convinzione, e io cominciai pian piano a respirarlo; senza accorgermene, ovviamente. Mi sentivo bene, leggermente euforico. Ad un tratto mi misi a pensare: "Come si sta bene, qui! Sembra quando ti corichi nel letto appena fatto dopo una giornata di fatica e ti rilassi, e ti senti in pace col mondo. Quasi quasi schiaccio un sonnellino davvero, talmente si sta bene". Mi prese un gran sonno, malgrado fossero le dieci del mattino: un sonno che mi sembrava buono, dolce, voluttuoso e inevitabile. Mi accoccolai sul fondo del tino, e mi sembrò di scivolare tra lenzuola di seta: non mi rendevo conto che dolcemente, voluttuosamente e inevitabilmente mi stavo lasciando andare al mio ultimo sonno. Ad un tratto sentii un fracasso spaventoso, una specie di boato che mi fece balzare il cuore in petto e spalancare gli occhi; respirai affannosamente, come si fa sempre quando ci si spaventa, e solo allora mi accorsi che nei miei polmoni non entrava quasi più aria. Terrorizzato provai ad alzarmi, ma non ci riuscii. La portella, a nemmeno mezzo metro da me, sembrava di colpo lontanissima. Annaspai nella feccia melmosa, riuscii a far forza sui gomiti e a mettere fuori la testa. Stavo per perdere conoscenza, e il mio rantolo affannoso mi arrivava alle orecchie come se ad emetterlo fosse un'altra persona. Per qualche secondo vidi tutto marrone con lampi di luce globulari, come quando si sviene; ma non svenni, e riuscii a restare lì penzoloni fuori dalla portella, tutto impiastricciato come un animalone annegato in una gora. Il boato spaventoso che mi salvò non era altro che il piccolo tonfo prodotto dallo spazzolone, rimasto appoggiato alla parete del tino e poi provvidenzialmente scivolato sul fondo viscido. Fu allora che imparai cosa vuol dire davvero "lasciarsi andare": imparai come sia facile, inavvertibile, confortevole; e al tempo stesso come sia difficile reagire. Questo blog, e quanto gli gira attorno, e quello che significa, è il colpo di spazzolone.
e non è bellissimo quando torniamo da chissà dove senza avvisare e troviamo sempre e comunque qualcuno ad aspettarci a braccia aperte...?
RispondiEliminabentornato Orfeo
Ma quella linguaccia? Scostumatoooo!!!
RispondiElimina(Metti l'altro avatar, con quel bellissimo sorriso!)
ringraziamo lo spazzolone.
RispondiEliminaEra ora eccheccavolo!
RispondiEliminaE, mi racocmando, d'ora in avanti portati sembre il cagnolone fuori dal tino, così casomai ti tira lui fuori da là, mattacchione che non sei altro!
Non ti si può mai lasciare da solo: guarda in che casini ti caccu, che diavolo!
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RispondiEliminaZucchero, amore mio, forse non mi crederai, ma ti stavo per scrivere in privato. Cosa credi, anch'io mi preoccupo. L'esperienza di pre-morte mi ha messo paura, però.
RispondiEliminaSullo scrivere come testimonianza invece boh, non so se sono d'accordo più di tanto. Mi rendo sempre più conto che troppi scrivono e in troppo pochi leggono (che è come dire che troppi parlano e in troppi pochi ascoltano). Il rumore rende difficile selezionare ciò che merita attenzione, ciò che è davvero importante.
Ok, la mia lezioncina l'ho fatta e quindi posso anche salutarti, ma solo dopo averti mandato un bacione ENORME (come il Canarons, ecchettelodicoaffà?)
il colpo di spazzolone fu puro culo.
RispondiEliminaci vuole qualcosa in più per vivere, non ti pare?
@ Rosa: ma Bobo dorme sempre, e ogni tanto russa. Come cane da salvataggio la vedo dura. Al massimo posso mettergli una fiaschetta di grappa al collo ed allenarlo ad accorrere quando sono giù di corda come nei giorni passati!
RispondiElimina@ Any: tesoro, certo che ti credo!
Per quanto riguarda lo scrivere, si parlava di testimonianza a se stessi, più che verso terzi.
A me comunque lo scrivere serve, ad esempio, per essere chiamato "Zucchero" e "amore mio" di tanto in tanto, e di toccare il cielo con un dito, quando succede. Anzi, con tutte e due le mani. :-)
@ marcoboh: certo. Il colpo di spazzolone di allora si è ripetuto e si ripete altre volte; e quindi oltre ad essere puro culo è anche pura metafora. Ad esempio, il colpo di spazzolone può essere un caro amico preoccupato per me che mi dà saggi e preziosi consigli; io non li metterò in pratica, lo so, ma mi bastano a costringermi a mettere la testa fuori dalla portella del tino! :-)
Comincia dalla testa, però poi tiraci fuori anche il culo da quel tino, pliz. Basta un movimento giusto di anche, lo trovi ed è fatta ;)
RispondiEliminaBenedetto spazzolone allora, benedetto lo spazzolone della tua voglia ancora di respirare con noi...
RispondiEliminaBentrovato! Era ora!!!!
Un abbraccio sorridente per te
Da un luogo non cosi' tanto lontano ne sconosciuto grido ad alta voce:
RispondiEliminaSPAZZOLONE SANTO SUBITO.
(E non fare piu' cazzate del genere!!)
Bentornato (esclamazione che ti si sarebbe potuta dire anche all'uscita dal tino). Il tuo avvincente racconto ha destato in me un'eco lontana che poi ho messo a fuoco. Da ragazzino (ma non saprei dare una precisa collocazione temporale) vedevo una trasmisisone in tv che si intitolava "All'ultimo minuto": erano situazioni angoscianti e gravi come quella narrata da te, dall'esito prevedibilemnte fatale, in cui il protagonista veniva all'ultimo minuto salvato da un evento casuale (e spesso banale, come la caduta di uno spazzolone).
RispondiEliminabene, evviva gli spazzoloni allora!
RispondiEliminaRicordavo una lampada, invece di uno spazzolone.
RispondiEliminaQuello che è, vecchio mio :-)