Dov'ero rimasto? Ah, si, al turbinoso andirivieni di ospiti stranieri che tra Sabato e ieri mattina mi hanno costretto ad una crapula pressochè permanente. Della maggior parte di essi non c'è molto da raccontare: sono rimasto molto colpito, invece, dalla delegazione giapponese. Al punto da cominciare a scriverne già Domenica scorsa, prima che le successive invasioni barbariche mi distogliessero del tutto da queste pagine. Riprendo integralmente quanto avevo buttato giù a caldo.
"Ieri sono poi arrivate le giornaliste giapponesi. Una sembra Yoko Ono ma è una simpaticona che strilla, grida, strabuzza gli occhi e bacia e abbraccia tutti quelli che gli capitano a tiro, gatto compreso. L'altra è uguale a Toshiro Mifune senza la barba, ed ha gli stessi modi di Toshiro Mifune quando recita la parte del samurai. Ti guarda come volesse dirti: "adesso fai attenzione a come parli, o ti spicco la testa dal busto con un sol colpo della mia katana". Non dicono di essere fidanzate, ma lo fanno capire in modo talmente chiaro da dissipare qualsiasi dubbio anche al gatto di cui sopra. In realtà sono venute in visita per accompagnare due fratelli produttori di sake in un piccolo laboratorio artigianale onusto di gloria e di quattrocento anni di storia. Siccome il mondo è piccolo, sono proprio della regione di Kai, teatro delle epiche gesta di Shingen Takeda immortalate in "Kagemusha" di Kurosawa, film che adoro alla follia. E già questo me li ha resi simpatici in partenza. Il fatto di arrivare dal Giappone profondo, ancestrale e rurale, così diverso da quello metropolitano ed internazionalizzato che bene o male conosciamo un po' tutti, li circonfonde di irresistibile esotismo. Uno è brutto in picco. Stortignaccolo, macilento, faccia da prugna secca, dentoni : è la caricatura del "muso giallo" nei cartoons americani degli anni '40. L'altro, beh, il diavolo mi porti, ma è uno dei dieci giapponesi veramente carini che esistono sulla faccia della Terra. Parlano un inglese orribile, ma siccome il mio , di inglese, è ancora peggiore, riusciamo a capirci ed a comunicare in modo decente senza l'intermediazione delle due strappone.
Passiamo insieme una lunga giornata, fino a notte fonda. Invece di farne la cronaca, preferisco esporre alcune considerazioni che stamattina, a mente lucida, mi frullano per il capo.
-Non so se per indole o per cultura, ma i miei ospiti hanno vissuto ogni momento della visita come una continua agnizione; non mi spiegherei altrimenti il costante concerto di mugolii di sorpresa estatica che esplodevano anche per le cose più banali. Esempi: nella vigna, io: "Ecco la vigna"; e loro: "woooohoooo!" sgranando gli occhioni. In casa, io: "Ecco la casa"; e loro: "wooooohooooo" sbattendo le palpebre. A tavola, io: "Ecco il caffè"; e loro "wooooohooooo!" e giù a far foto.
-Non so se per indole o per cultura, ma i miei ospiti si sono dimostrati non solo attentissimi, ma anche maniacalmente interessati a tutto ciò che vedevano o sentivano. Per dire, visitando la vigna hanno assaggiato un pizzico di terra, e gran parte delle erbe spontanee per capirne "...l'alchimia dei sapori". Mi hanno mitragliato di domande e bombardato di "woooooohooooooo!" ad ogni risposta.
-Non se se per indole o per cultura, ma i miei ospiti sembravano soffrire di un certo complesso d'inferiorità nei confronti del mondo occidentale. Anche lì, bordate di "wooooooohooooooo" quando ad esempio ho detto di amare molto l'Ukyo-e di Hiroshige e Hokusai, o di conoscere qualcosa del grande Shingen, o di aver già masticato le Kintaro-ame.
-Non so se per indole o per cultura, ma la leggendaria frugalità giapponese mi è sembrata simile a quella dei torinesi, morigerati e sobrii in casa propria, insaziabili come lupi in casa degli altri. Ammazza quanto hanno mangiato!
Del resto, visto che quello qui sotto è un intero, raffinatissimo e costosissimo pasto kaiseki ( filosofia gastronomica giapponese di stampo buddista, che letteralmente vuol dire "pietra calda sullo stomaco") , si può perdonare loro qualche eccesso, quando hanno la possibilità di commetterlo!
-Probabilmente non abituati al pranzo occidentale, hanno dimostrato vera contrarietà quando si sono resi conto che venivano tolti i vassoi dei primi antipasti per lasciar posto a quelli successivi.
La Toshiro Mifune mi ha guardato con occhi gelidi, ha dilatato le narici ed ha ruggito: "Fossi in te li lascerei sul tavolo, quei vassoi!". Siccome alla mia testa ci tengo, ho obbedito prontamente.
Bene, hanno continuato a stiparsi la roba nel piatto, mangiando tutto insieme, come se le varie portate non avessero valore se non contrappuntate alle altre. Per dire, al momento del bonèt al cioccolato e delle paste di melighe la prugna secca si è ancora servito una cucchiaiata di insalata russa ed alcune fette di salame.
-Però il sake è buonissimo! Quello fatto da loro, almeno. Tutti gli altri che ho avuto modo di assaggiare mi hanno sempre ricordato un vinello bianco precocemente invecchiato e stanco.
Il loro, fatto con metodi ultra-naturali ed antichissimi, ha profumi meravigliosamente freschi e floreali, e una delicata ma straordinaria complessità gustativa ed aromatica.
-Non so se per indole o per cultura, ma il pranzo si è protratto per ore, via via riscaldato dal connubio vino-sake, via via più rumoroso e caciarone, via via scandito da brindisi sempre più frequenti. Poi ad un certo punto mi sono accorto che i due fratelli erano spariti. Così, di punto in bianco, semplicemente spariti. Mah, saranno andati in bagno, pensavo. Macchè, erano saliti in macchina e ci si erano messi a dormire! Me ne sono accorto passandoci vicino, e sentendo venire da dentro un rumore di temporale, come quello che fanno i mangiatori di soba per le strade di Edo durante il capodanno. "
"Ieri sono poi arrivate le giornaliste giapponesi. Una sembra Yoko Ono ma è una simpaticona che strilla, grida, strabuzza gli occhi e bacia e abbraccia tutti quelli che gli capitano a tiro, gatto compreso. L'altra è uguale a Toshiro Mifune senza la barba, ed ha gli stessi modi di Toshiro Mifune quando recita la parte del samurai. Ti guarda come volesse dirti: "adesso fai attenzione a come parli, o ti spicco la testa dal busto con un sol colpo della mia katana". Non dicono di essere fidanzate, ma lo fanno capire in modo talmente chiaro da dissipare qualsiasi dubbio anche al gatto di cui sopra. In realtà sono venute in visita per accompagnare due fratelli produttori di sake in un piccolo laboratorio artigianale onusto di gloria e di quattrocento anni di storia. Siccome il mondo è piccolo, sono proprio della regione di Kai, teatro delle epiche gesta di Shingen Takeda immortalate in "Kagemusha" di Kurosawa, film che adoro alla follia. E già questo me li ha resi simpatici in partenza. Il fatto di arrivare dal Giappone profondo, ancestrale e rurale, così diverso da quello metropolitano ed internazionalizzato che bene o male conosciamo un po' tutti, li circonfonde di irresistibile esotismo. Uno è brutto in picco. Stortignaccolo, macilento, faccia da prugna secca, dentoni : è la caricatura del "muso giallo" nei cartoons americani degli anni '40. L'altro, beh, il diavolo mi porti, ma è uno dei dieci giapponesi veramente carini che esistono sulla faccia della Terra. Parlano un inglese orribile, ma siccome il mio , di inglese, è ancora peggiore, riusciamo a capirci ed a comunicare in modo decente senza l'intermediazione delle due strappone.
Passiamo insieme una lunga giornata, fino a notte fonda. Invece di farne la cronaca, preferisco esporre alcune considerazioni che stamattina, a mente lucida, mi frullano per il capo.
-Non so se per indole o per cultura, ma i miei ospiti hanno vissuto ogni momento della visita come una continua agnizione; non mi spiegherei altrimenti il costante concerto di mugolii di sorpresa estatica che esplodevano anche per le cose più banali. Esempi: nella vigna, io: "Ecco la vigna"; e loro: "woooohoooo!" sgranando gli occhioni. In casa, io: "Ecco la casa"; e loro: "wooooohooooo" sbattendo le palpebre. A tavola, io: "Ecco il caffè"; e loro "wooooohooooo!" e giù a far foto.
-Non so se per indole o per cultura, ma i miei ospiti si sono dimostrati non solo attentissimi, ma anche maniacalmente interessati a tutto ciò che vedevano o sentivano. Per dire, visitando la vigna hanno assaggiato un pizzico di terra, e gran parte delle erbe spontanee per capirne "...l'alchimia dei sapori". Mi hanno mitragliato di domande e bombardato di "woooooohooooooo!" ad ogni risposta.
-Non se se per indole o per cultura, ma i miei ospiti sembravano soffrire di un certo complesso d'inferiorità nei confronti del mondo occidentale. Anche lì, bordate di "wooooooohooooooo" quando ad esempio ho detto di amare molto l'Ukyo-e di Hiroshige e Hokusai, o di conoscere qualcosa del grande Shingen, o di aver già masticato le Kintaro-ame.
-Non so se per indole o per cultura, ma la leggendaria frugalità giapponese mi è sembrata simile a quella dei torinesi, morigerati e sobrii in casa propria, insaziabili come lupi in casa degli altri. Ammazza quanto hanno mangiato!
Del resto, visto che quello qui sotto è un intero, raffinatissimo e costosissimo pasto kaiseki ( filosofia gastronomica giapponese di stampo buddista, che letteralmente vuol dire "pietra calda sullo stomaco") , si può perdonare loro qualche eccesso, quando hanno la possibilità di commetterlo!
-Probabilmente non abituati al pranzo occidentale, hanno dimostrato vera contrarietà quando si sono resi conto che venivano tolti i vassoi dei primi antipasti per lasciar posto a quelli successivi.
La Toshiro Mifune mi ha guardato con occhi gelidi, ha dilatato le narici ed ha ruggito: "Fossi in te li lascerei sul tavolo, quei vassoi!". Siccome alla mia testa ci tengo, ho obbedito prontamente.
Bene, hanno continuato a stiparsi la roba nel piatto, mangiando tutto insieme, come se le varie portate non avessero valore se non contrappuntate alle altre. Per dire, al momento del bonèt al cioccolato e delle paste di melighe la prugna secca si è ancora servito una cucchiaiata di insalata russa ed alcune fette di salame.
-Però il sake è buonissimo! Quello fatto da loro, almeno. Tutti gli altri che ho avuto modo di assaggiare mi hanno sempre ricordato un vinello bianco precocemente invecchiato e stanco.
Il loro, fatto con metodi ultra-naturali ed antichissimi, ha profumi meravigliosamente freschi e floreali, e una delicata ma straordinaria complessità gustativa ed aromatica.
-Non so se per indole o per cultura, ma il pranzo si è protratto per ore, via via riscaldato dal connubio vino-sake, via via più rumoroso e caciarone, via via scandito da brindisi sempre più frequenti. Poi ad un certo punto mi sono accorto che i due fratelli erano spariti. Così, di punto in bianco, semplicemente spariti. Mah, saranno andati in bagno, pensavo. Macchè, erano saliti in macchina e ci si erano messi a dormire! Me ne sono accorto passandoci vicino, e sentendo venire da dentro un rumore di temporale, come quello che fanno i mangiatori di soba per le strade di Edo durante il capodanno. "