Stanotte ho sognato Poto. Con oratoria rotonda, humor e consumata perizia da conferenziere stava tenendo una lectio magistralis in una sorta d'aula universitaria ad anfiteatro. Vestito con elegante semplicità, andava indicando delle parole scritte alla lavagna con una lunga bacchetta da maestro d'altri tempi. Sfoggiava un'invidiabile abbronzatura, e io, un po' indispettito, pensavo: "E insiste con 'ste lampade. Possibile non riesca a capire che alla lunga fanno male alla pelle? ". Ma questa è un'altra storia.
La ragione del sognarlo in panni autorevolmente professorali credo risieda nell'avermi insegnato di recente una sapida espressione nell'idioma di Potocity: "picarse a le tende". Letteralmente, appendersi, aggrapparsi alle medesime. In senso lato, dare sfogo al proprio disagio interiore in modo platealmente melodrammatico, come una diva del cinema muto o un'eroina di Pitigrilli. Riscuotendo, si, un moto di immediata partecipazione, ma risultando dopo un po' stucchevolmente eccessivi e larvatamente ridicoli.
Ecco, siccome di questi tempi la tendenza a picarme a le tende mi assale spesso per tutta una serie di motivi che non sto ad enumerare, la lectio del professor Poto capita quanto mai a fagiolo. E ne farò tesoro. Le tende non vanno bene come sostegno al proprio spleen, e men che meno come puntello ai momenti di disperazione, che in tal modo rischierebbero di scivolare lungo la china dell'artificioso e del letterario. Semmai, usate con discrezione, aprendole e chiudendole nei momenti opportuni, possono essere utili nel gioco del "ti vedo-non ti vedo" schermando gli eccessi e rivelando la sostanza nel modo che possiamo ritenere più opportuno. Un po' come fa l'assertivo soggetto della diapositiva, qui sopra.
La ragione del sognarlo in panni autorevolmente professorali credo risieda nell'avermi insegnato di recente una sapida espressione nell'idioma di Potocity: "picarse a le tende". Letteralmente, appendersi, aggrapparsi alle medesime. In senso lato, dare sfogo al proprio disagio interiore in modo platealmente melodrammatico, come una diva del cinema muto o un'eroina di Pitigrilli. Riscuotendo, si, un moto di immediata partecipazione, ma risultando dopo un po' stucchevolmente eccessivi e larvatamente ridicoli.
Ecco, siccome di questi tempi la tendenza a picarme a le tende mi assale spesso per tutta una serie di motivi che non sto ad enumerare, la lectio del professor Poto capita quanto mai a fagiolo. E ne farò tesoro. Le tende non vanno bene come sostegno al proprio spleen, e men che meno come puntello ai momenti di disperazione, che in tal modo rischierebbero di scivolare lungo la china dell'artificioso e del letterario. Semmai, usate con discrezione, aprendole e chiudendole nei momenti opportuni, possono essere utili nel gioco del "ti vedo-non ti vedo" schermando gli eccessi e rivelando la sostanza nel modo che possiamo ritenere più opportuno. Un po' come fa l'assertivo soggetto della diapositiva, qui sopra.
le tende servono per fare i vestiti da Scarlett O'Hara...
RispondiEliminaSi, ma devono essere di velluto pesante! Sennò i vestiti risultano troppo osé!
RispondiEliminagià, le tende, alla lunga, cedono. e però forse mica è un male: cedono, e devi aggrapparti da un'altra parte (oddio, ora mi viene in mente un'espressione romanesca su dove uno si dovrebbe attaccare...). no, che un appoggio alla fine si trova, da soli o in compagnia, in se stessi oppure no. se no, nemmeno attaccarsi lì serve più a niente.
RispondiEliminaQuello della foto, che "no l'è picà a le tende", NON sono io...
RispondiEliminaSia chiaro.
Ma magari...
Comunque il modo di dire si rifà alla Traviata :-)
E per la cronaca, il mio incarnato mai sarà dorato (lampade nonostante) ne tantomeno finirò MAI ad insegnare in una pseudo università: mancandomi la laurea proprio non mi sarà MAI possibile.
RispondiEliminaA meno che non me la diano honoris causa!
Ecco.. mi sento un po' Belen e la sua perifrastica.. :-)
@ marcoboh: ehm...attaccarsi al tram? Attaccarsi alla bottiglia? Chissà a cos'altro ci si attacca, a Roma, quando le cose non vanno? :P
RispondiElimina@ Poto: era l'aula, ad essere di tipo universitario, ma non è detto che fosse all'Università. Chissà, magari stavi impartendo lezioni di bon ton e di galateo ad una schiera di vendemmiatori bulgari! :P
quella foto sta facendo il giro del mondoblog. e non riesco proprio a intuirne le ragioni, sono forse le nuove tende ikea?
RispondiEliminaCredo che ognuno abbia un suo modo di rapportarsi alla sofferenza interiore, c'è chi di ogni problema personale tende a farne un caso nazionale e chi si chiude a riccio. Ci sono poi quelli, e non sono pochi che "i se pica a le tende" semplicemente per farsi compatire e poterne ricavare un qualche vantaggio. Per quanto ti conosco, non mi pare di aver mai riscontrato un eccesso nell'uso dei colpi da teatro, ma al massimo la tendenza a drammatizzare le cose DENTRO. Cioè, in un certo senso, proprio l'esatto contrario, a meno che tu non ti riferisca ai tendaggi del tuo teatro interiore.
RispondiElimina@ Byb: sicuramente è per via delle tende. Tutti i bloggaroli e le bloggarole si mandano la foto e se la segnalano dicendo: "Guarda che deliziose tendine ho trovato qui! Non sono un amore?"
RispondiElimina@ miss Marple: sicuramente si, dentro di me sono peggio di Eleonora Duse in fatto di drammatizzazioni. E convinto che esse siano spesso eccessive ho la tendenza a fare i miei spettacolini senza ammettere pubblico di sorta. Credo sia per questo motivo che ogni tanto mi viene voglia di "picarme a le tende" ed esibirmi in pubblico. Non penso di averlo mai fatto per scopi ricattatori o capziosi, ma a volte, lo ammetto, per il bisogno di una pacca sulle spalle o di un grattino al mio Ego.
RispondiEliminaA questo punto gradirei un "©" su questa espressione...
RispondiEliminaE il pagamento dei diritti..
Metti mai che mi faccio un gruzzoletto :-)
@ Poto: prima che qualcun altro dica: "Pagamento in natura" lo dico io! :P
RispondiEliminaLe ripeto, non mi pare abbia mai esagerato con l'esternazione pubblica delle Sue personali paturnie, oltretutto se mi permette Le dirò che le trovo rassicuranti, mi preoccupano di più i silenzi...
RispondiEliminaComunque quando e se avrà bisogno di una spacca sulle palle, faccia un fischio!
Lyda Borelli ci ha fatto una fortuna aggrappandosi alle tende. E alla fine è caduta in piedi: ha sposato un conte, e "borelleggiare" stava pure sul dizionario.
RispondiElimina@ winckelmann: ma quindi se ci dò dentro con i rideaux ho qualche speranza di accalappiare un aristocratico? Quasi quasi ci provo, hai visto mai! ;-)
RispondiEliminaScoprire (nel 2009!) di non essere l'unico che conosce Lyda Borelli non ha prezzo..... :)
RispondiEliminap.s.: e nessuno provi a giustificare la cosa con l'età!
@ miss Marple: Le consiglio vivamente il blog di winckelmann, in tal caso. Sono sicuro che diventerete ottimi amici.
RispondiEliminaChe la classe, riferendosi ad entrambi, è mica Spuma chiara, signora mia.
@ Gan: ci ho appena fatto un giretto, e pensavo di appalesarmi anche là; ma essendo ora al lavoro e volendo curare per bene la "presentazione", credo lo farò prossimamente da casa; oltretutto mi fa sempre piacere scoprire dei blogger vicini!
RispondiEliminaLVM
IO sono del "PArtito MArple" come ben sai e sostegno che le rare volte che ti pichi a le tende sono una benedizione, almeno sappiamo che sei vivo :D
RispondiEliminaE per altro sai bene quanto mi delizi passare del tempo a dare grattini al tuo ego acciaccato :D
Ma come fa Gan a conoscere Pitigrilli? Tutto ciò è molto straniante (pur sempre meno che immaginare Potino in una lectio magistralis).
RispondiEliminaPS per Potino: lo sai che ti voglio bene ;)
Scusate, di buon ultimo alcune cose:
RispondiEliminaNon conosco la relazione fra "picarse a le tende" (espressione usata dalla mia famiglia, in italiano, innumerevoli volte) e la Traviata.
@poto posso avere ragguagli?
Ma...non era Francesca Bertini quella che si appendeva alle tende? A me hanno insegnato così! Va da sè che prego anch'io di NON fare questioni di età!!
E invece....@Gan: ma io non sognerei altro che vederti appeso alle tende !!! Forse invece è proprio quello che ti ci vorrebbe!
La esteriorizzazione del dramma evita il lamento querulo, le difficoltà di comunicazione e...i mal di pancia!!
beh, la smetti di tirare, che mi sgualcisci!
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