"C'è un tempo per tutto, ogni cosa sotto il cielo ha il suo momento: un tempo per nascere e un tempo per morire; un tempo per piantare e un tempo per sradicare ; un tempo per uccidere e un tempo per salvare; un tempo per distruggere e un tempo per costruire; un tempo per piangere e un tempo per ridere; un tempo per il cordoglio e un tempo per ballare;un tempo per gettar via pietre e un tempo per raccoglierle; un tempo per abbracciare e un tempo per non farlo; un tempo per cercare e un tempo per perdere; un tempo per conservare e un tempo per buttar via; un tempo per strappare e un tempo per cucire; un tempo per tacere e un tempo per parlare"
Qoelet, 3: 1-2
A tutti quelli che furono distrutti perché erano come me. Ebrei. Rom e Sinti. Omosessuali. Oppositori politici. Disabili fisici e mentali. Testimoni di Geova.
«Lavoravamo nella cava di pietra in condizioni impossibili, sotto la minaccia costante dei fucili delle SS che ci sorvegliavano, delle urla e dei colpi dei capisquadra.
Gli incidenti e le ferite mortali erano quotidiani e non passava giorno senza che uno o più detenuti venissero uccisi.
Quasi ogni mattina […] il kapò riceveva dalle SS una lista con il numero dei detenuti che non dovevano rientrare. […]»
«Uno degli sport preferiti dai capisquadra era bastonare i detenuti mentre trainavano i vagoncini. In mezz’ora, dovevamo issarli per cinquecento metri e poi lasciarli tornare giù trattenendoli con tutte le nostre forze, perché il loro peso gli faceva prendere una velocità considerevole. Quando uno dei carrelli deragliava, il carrello seguente andava a schiantarsi contro i detenuti e provoca loro lesioni gravi.
Capitava spesso che un detenuto venisse trasportato in infermeria perché aveva avuto la gamba stritolata. Una volta là, era definitivamente perduto: un medico delle SS gli faceva un’iniezione letale.»
« H.D., impiegato del commercio, nato nel 1915, è stato arrestato il 20 marzo 1938 quando si era recato illegalmente a Praga. […] Allo stesso tempo avevano arrestato un suo amico intimo, a cui avevano estorto una confessione. Fu quindi condannato a tre anni e mezzo di carcere per “delitto contro la morale”.
Scontata la pena, nel novembre del 1941 venne inviato nel campo di concentramento di Buchenwald.Ciò che l’impressionò prima di tutto al suo arrivo furono i cadaveri dei detenuti della compagnia di disciplina che erano stati gettati davanti alla porta come sacchi di grano.
Inoltre, quella sera, un giovane omosessuale si era impiccato e tutti continuavano tranquillamente a mangiare senza alcuna preoccupazione. […]
Il 4 gennaio 1942, venne inviato ad un laboratorio medico dove si effettuavano esperimenti sulla febbre orticaria e dove si utilizzavano di preferenza giovani omosessuali come cavie umane. H.D. resse bene alla malattia, anche se in seguito soffrì di problemi cardiaci […] »
«Nel frattempo, i nuovi arrivati omosessuali, condannati in base all’articolo 175, venivano rapidamente fucilati nel bunker.»
Testimonianza di Jaroslav Bartl, in "
Internati omosessuali nel campo di concentramento di Buchenwald"
"Agli omosessuali erano spesso assegnati i lavori più estenuanti da fare nel campo e molti di loro morivano distrutti dalla fatica. Costretti a trasportare pesanti massi nelle cave molti di loro riportavano terribili infortuni.
Altri di questi lavori consistevano nello spostare quantità di pietre inutili per giorni e giorni da una parte all’altra del campo, con il solo scopo delle SS di eliminare lo “spirito omosessuale”.
A partire dal 1943 le SS avevano iniziato il “Programma di Sterminio attraverso il Lavoro Forzato” specificatamente progettato per condurre alla morte omosessuali e criminali.
"Durante la mattina dovevamo trasportare la neve fuori dal nostro blocco e spostarla dal lato sinistro a quello destro della strada.
Viceversa nel pomeriggio dovevamo trasportare di nuovo la stessa neve dal lato destro al lato sinistro della strada…
Dovevamo spalare la neve con le nostre mani, le nostre nude mani, senza alcun guanto di protezione. Lavoravamo a coppie…
… Questa tortura psichica e fisica durò sei giorni fino a che un nuovo “Triangolo Rosa” di prigionieri non fu assegnato al nostro blocco e prese il nostro posto.
Le nostre mani erano completamente spaccate e mezze congelate; eravamo diventati schiavi muti e insignificanti delle SS". ( testimonianza di Heinz Heger) .
I gay sono stati trattati con particolare disprezzo non solo dalle SS ma anche da molti degli altri detenuti che li consideravano come dei pervertiti degenerati.
La vita nei campi di concentramento era una vita solitaria che metteva a dura prova la resistenza psichica indipendentemente dal periodo di tempo trascorso.
Di fronte a tanto odio e degradazione non c’è da sorprendersi che molti si suicidassero correndo contro le recinzioni elettrificate anziché continuare a sopportare la persecuzione.
Nonostante l’ostilità di molti detenuti nei campi, alcuni Triangoli Rosa riuscirono comunque a integrarsi e ad aiutare gli altri.
Per esempio, Kitty Fisher, una detenuta ebrea deportata ad Auschwitz nel 1944 all’età di 16 anni, attribuisce a un detenuto dal Triangolo Rosa la sua sopravvivenza e quella di sua sorella.
Al suo arrivo al campo, un prigioniero che si trovava ad Auschwitz già dal 1940, la aiutò. La aiutava con il cibo e cercava di confortare lei e sua sorella dando loro speranza.
Prima di vederla per l’ultima volta, lui la indirizzò verso una grande selezione che in definitiva serviva per liquidare il campo.
Le disse di far finta di essere una tessitrice e di dire alle SS che lei e sua sorella erano addestrare.
Questo consiglio le salvò la vita: “Possa essere benedetta la sua memoria perché lui ha contribuito alla mia salvezza”.
Punizioni
Le pene per reati vari nei campi includevano il tree hanging, ovvero un palo alto con un gancio al quale venivano agganciate le mani ammanettate del detenuto dietro la schiena.
Il peso del corpo tirava le braccia verso l'alto con conseguente dolore lancinante delle spalle sotto lo sforzo. Le SS chiamavano questa punizione “la foresta cantante”. Il gay sopravvissuto Heinz Dörmer ricorda ancora “le urla e le grida disumane”.
“
Per metà anno sono stato tenuto piegato… Le mie mani erano legate alle mie caviglie. Quando mi portavano il cibo, la ciotola era sul pavimento; loro lo versavano da sopra e questo si rovesciava per terra. Io ho dovuto leccarlo con la lingua. Noi non potevamo uscire, perciò i nostri pantaloni erano sporchi.”, testimonianza di Paul Gerhard Vogel, sopravvissuto.
Un'altra punizione diffusa era l'horse: una panca di legno su cui la vittima veniva legata supina, gambe e braccia legate alle gambe, prima di essere colpito più volte con un oggetto contundente o una frusta.
Altre forme di punizione includevano lo stare in piedi per ore e ore o al calore del giorno o nel freddo della notte oppure strisciare più e più volte lungo il pavimento di cemento su gomiti e ginocchia.
Tutte queste punizioni venivano effettuate di fronte agli altri detenuti per l'umiliare il condannato.
“
Due uomini delle SS hanno portato un ragazzo al centro della piazza… …Le SS lo spogliarono e infilarono la sua testa in un secchio. Poco dopo questi aizzarono i loro feroci pastori tedeschi contro di lui: i cani da guardia prima morsero il suo inguine e le sue cosce e infine lo sbranarono proprio di fronte a noi.Le sue grida di dolore erano distorte e amplificate dal dolore della sua testa intrappolata. Il mio corpo irrigidito vacillava, i miei occhi erano sgranati dal terrore, le lacrime scorrevano sulle mie guance e pregavo con tutto me stesso che quel dolore finisse in fretta.”
( testimonianza di Pierre Seel).
A volte le SS costringevano tutti i prigionieri a guardare le esecuzioni più atroci. Queste manifestazioni pubbliche di orribile violenza sarebbero state secondo loro un deterrente a qualsiasi pensiero di rivolta e avrebbero creato un clima di terrore e di solitudine.
In alcuni campi i triangoli rosa erano alloggiati insieme ad altri detenuti, ma a volte, come ad esempio a Sachsenhausen, speciali baracche vennero erette apposta per loro, al fine di segregarli.
In questi blocchi i triangoli rosa erano obbligati a dormire con le mani ben visibili al di fuori della sottile coperta per evitare qualsiasi contatto fisico con gli altri detenuti che condividevano la cuccetta.
La luce artificiale o anche il rumore degli altri detenuti rendeva poi più difficile prendere sonno per un lungo periodo di tempo.
“
Chiunque fosse stato trovato con la sua biancheria sul letto o con la sua mano sotto la coperta (e i controlli erano effettuati quasi ogni notte) veniva preso e veniva bagnato con diverse ciotole di acqua fredda prima di essere lasciato fuori per almeno un’ora. Solo pochi riuscivano a sopravvivere a questo trattamento” (testimonianza di Heinz Heger )
Tratto da "
Homocaust. The gay victims of the Holocaust" di Lewis Oswald