domenica 13 luglio 2008

Never minds the bollocks


Quando Andrea alcune settimane fa mi chiese se lo accompagnavo a Torino a sentire un concerto dei Sex Pistols, lo canzonai ferocemente, spiegandogli che solo un frescone come lui poteva farsi abbindolare dalla solita tribute-band per gonzi. Invece il gonzo ( e ignorante, e spocchioso) ero io, visto che a suonare erano proprio loro: quelli veri, autentici, sopravvissuti e redivivi .
Ora, anche se Andrea è tanto bellino e gentile, a Torino non ci sarei andato lo stesso: rifuggo come la peste le cene degli ex compagni di scuola o quelle della leva ( che ci farei in mezzo a tutti quei vecchi?) , figuriamoci se mi sarei prestato alla riesumazione necrofila delle mie mitologie ed epopee adolescenziali. No no, quei simpatici sciamannati preferisco ricordarli da vivi, o lasciarli alla venerazione mistica dei ragazzini nati dieci anni dopo l'epoca delle loro gesta: io per quanto riguarda anfibi, catene al collo, spille e smanicati con la A cerchiata, ho già dato a suo tempo.
Però è interessante constatare come gli imbolsiti nonnetti abbiano tirato qualcosa come 76.000 spettatori, rimasti lì nonostante un nubifragio pazzesco. Ok, il concerto era a gratis, ma ha pur sempre richiamato il doppio delle persone rispetto a quelle mobilitate da DiPietro, Travaglio, Guzzanti &Co in piazza Navona. Sarà che il punk è stata l'ultima rivoluzione del costume giovanile autenticamente spontanea ed autogestita; sarà che, al di là del suo sfuggente ed inafferrabile significato politico che pure all'epoca fece versare fiumi d'inchiostro, quel movimento ha plasmato e condizionato in modo irreversibile l'estetica e l' imagerie delle generazioni successive: ma qualcosa sotto ci dev'essere, ecco!

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