giovedì 18 marzo 2010

Chez Melusine



Tanto, ma tanto tempo fa il re Elinas era rimasto vedovo, e distraeva il suo dolore passando gran parte del suo tempo a caccia nel più profondo delle foreste. Un giorno inseguendo un cervo si addentrò ancora più nel profondo, e al bordo di una fontana magica incontrò la fata Pressina: talmente bella che malgrado il nome se ne innamorò lì per lì. "Sposami!" gridò lui. "Ma che vuoi?" rispose lei sdegnosa. "Sposami!" sbraitò lui. "Ma vattene!" rispose lei sdegnata. "Sposami!" urlò lui. " Ma chi sei?" rispose lei schifata. "Sposami, sono il re Elinas! " berciò lui. "Ah beh, allora parliamone. Si può fare, ma ad una condizione tassativa" rispose lei improvvisamente interessata. "La comunione dei beni? " sussurrò lui improvvisamente dubbioso.
"No, la promessa che non assisterai mai alla nascita dei nostri figli". "Bambina, sei già mia: chiudi il gas e vieni via, che a me assistere ai parti fa impressione!"
Nove mesi dopo le nozze ( da fiaba, ça va sans dire) la Pressina è in sala parto e mette al mondo tre belle gemelline, che vengono chiamate Meliorina, Palatina e Melusina, con che coraggio non so, povere creature. E infatti si mettono a piangere talmente forte che Elinas, preoccupato, irrompe nella stanza. Pressina rimane sconvolta: "Scusa, ma allora sei scemo! Ero stata ben chiara: ora devo fare fagotto e andarmene da sola con le tre piccole pesti". Detto fatto, e fuggono di nuovo nel più profondo delle foreste, accanto alla fontana magica.
Passano gli anni, le bimbe diventano tre sventole che lévati, ma con un caratterino che scànsati.
Melusina in particolare ce l'aveva a morte col padre: " Se quel cretino non avesse rovinato tutto, ora saremmo principesse a palazzo, invece di fare le straccione nel più profondo delle foreste".
La perfida decide di vendicarsi, e aiutata dalle sorelle rapisce Elinas e lo rinchiude in una caverna a pane ed acqua. Poi corre da mammà tutta giuliva a raccontarle quanto è stata brava. Pressina però è sempre innamorata di quel disgraziato, malgrado in tutti quegli anni lui non la abbia minimamente cercata. Dà uno sberlone a Melusina, poi ricordandosi di essere una fata le fa un bell'incantesimo per castigo: " Okus Pokus Fokus, d'ora in avanti in tutti i sabati della tua vita le tue gambe si trasformeranno in una coda di serpente, così voglio un po' vedere come farai ad andare in discoteca. Ma se ti sposi con qualcuno che giurerà di non vederti mai di Sabato , potrai vivere normalmente tutti gli altri giorni della settimana." Melusina piange e si dispera per un po', poi, ragazza pratica, capisce che è inutile star lì a disperarsi, e l'unica soluzione è cercare uno straccio di marito. Sembra facile, ma provate a trovare uno straccio di fidanzato senza poter uscire il sabato sera. Gira che ti rigira finisce per incontrare il cavaliere Raimondino, ricco, alto, prestante, biondo, bell'uomo; e soprattutto in cerca di moglie. Melusina, che è gnoccolona, sembra fatta apposta per lui. " Che tanto io al Sabato sera sono sempre impegnato con l'aperitivo e la pizza con gli amici, quindi se tu rimani a casa mi fai anche un piacere", le dice. Affare fatto, altre nozze da favola. Melusina, che non dimentica di essere principessa, si dà subito un gran daffare: fa costruire un castello da favola ( aridaje!) e ne cura personalmente l'arredamento. Organizza parties, canaste e barbecues, anche se ovviamente mai di Sabato : "Eh, che volete che faccia- dice alle amiche- lui va in pizzeria con gli amici e io me ne sto a casa a leggere Burda Moden". Uno dopo l'altro scodella ben dieci figli, tutti maschi. E qui casca l'asino, perché i dieci marmocchi sono uno più brutto dell'altro.
Il primo è alto un metro e una vigorsol, ma in compenso è larghissimo, e ha le orecchie come Dumbo. Il secondo ha un orecchio piccolissimo e l'altro enorme. Il terzo ha un occhio più in basso dell'altro. Il quarto ha sulla guancia come il segno di un'unghiata di leone. Il quinto ha un occhio solo, ma in compenso il sesto ne ha tre. Il settimo ha solo un dente come quello dei Brutos, però bello largo. L'ottavo ha una voglia nera e pelosa sulla punta del naso. Del nono e del decimo non si sa, ma non dovevano essere un granché nemmeno loro.
Ma dato che ogni scarrafone è bello a mamma sua, i genitori non se ne preoccupano, e si contentano che i frugoletti siano sani e ben disposti. Senonchè una tizia che il Sabato sera va sempre in pizzeria con Raimondino si innamora segretamente di lui, e comincia a seminare zizzania. "Tesoro, tu sei gnoccolone; tua moglie è gnoccolona pure lei; ma i bimbi...ehm, non sono tutto 'sto granchè. E detto tra noi non ti somigliano affatto. Dato che mater semper certa est, non lo so, magari penso male, ma secondo me Melusina non passa il Sabato sera a leggere Burda Moden. E il fatto che non voglia assolutamente far sapere come lo passa la dice lunga. Sempre secondo me, eh? Che poi magari sbaglio". Si sa che la calunnia è un venticello, un'auretta assai gentile, che insensibile, sottile, leggermente dolcemente, incomincia a sussurrar. E quando incomincia fa presto a trasformarsi in uragano. Raimondino, macerato dalla gelosia, in un triste Sabato fa scoppiare la tragedia: ritorna presto dalla pizzeria, entra furtivamente nella camera di Melusina, ma invece di trovare quel che pensa vede la moglie in una tinozza che si lava la sua bella codona di serpente. Scoperta, la poveretta è condannata a vivere per sempre nella sua forma mostruosa. Fugge in volo, piangendo, dal castello e nessuno la vedrà mai più. Ma non sparirà, anzi veglierà sulle sue terre e sulle fortune della sua progenie brutta in picco ma destinata a fulgide imprese.
Dice che Melusina
" è simbolo dell’anima che appartiene a quei fenomeni di frontiera che si verificano in particolari condizioni psichiche. Nelle circostanze di un crollo di valori, quando sul futuro si fa il buio, Melusina giunge come presenza reale e soccorrevole: l'inconscio appare come visione mentale, e Melusina emerge dal reame delle acque assumendo sembianze umane, per poi scomparire di nuovo. Essa aiuta, ma anche inganna. E' parente dell'ingannevole Morgana (che significa "nata dal mare"), di Afrodite e di Ishtar"

ma queste elucubrazioni le lascio ai dotti. C'è che domani parto, e vado proprio nelle sue terre, dove a volte sembra di scorgerla fra il lusco ed il brusco di un boschetto acquitrinoso, o nel riverbero di un'ansa di fiume, o nel palpitare cangiante degli scampoli di nebbia che si formano improvvisi come per un incantesimo.
Però poi torno, eh?
Saluti e baci a tutti.







martedì 16 marzo 2010

Violetera


Chi avrebbe mai detto che l'Inverno del nostro scontento si sarebbe trasformato di colpo in questa Primavera trepida, e dolce, e palpitante? La neve in poco tempo è scomparsa quasi ovunque, e resiste soltanto, sempre più torva ed incongrua, negli angoli più appartati ed ombrosi. Ritirandosi ha rivelato una terra intirizzita e tumefatta, come tramortita dal gelo eppure già brulicante dei segni di un imminente risveglio. Sotto il nespolo, che lascia penzolare tristissimo le foglie uccise dal freddo recente, è spuntato da un giorno all'altro un bellissimo tappeto di viole, di quelle che la gente di qui chiama " del vino buono" per il colore intenso e per la turgida, quasi sfacciata consistenza delle corolle e delle foglie. E in un angolo del portone della cantina vecchia, fra i mattoni e la pietra della soglia, ne è prodigiosamente spuntato un ciuffo di quelle più piccole ed esangui, che hanno lo stesso colore del cielo in questi giorni , là dove sembra confondersi con la chiostra delle montagne all'orizzonte.


Hanno il profumo di quelle felicità che più le si invoca, più ci sono negate; e meno le si spera, più puntualmente arrivano e ci sorprendono.

"Mi dovete perdonare
non ho altro questa sera.
Cosa mai vi potrei dare?
La piu bella violetera
puo dar solo quel che ha.

Mi dovete perdonare
non ho altro questa sera.
Cosa mai vi potrei dare?
La piu bella violetera
puo dar solo quel che ha."

Anch'io non ho altro da dare se non queste viole che oggi mi hanno inondato l'anima. Una volta sola un ragazzo mi regalò dei fiori. Erano modesti fiori di campo seccati dal sole di Luglio, che raccolse con fare distratto e che mi porse guardando in tralice, come vergognandosene, dicendo soltanto: " Per te". Gli uomini non sono abituati a vedersi regalare dei fiori, e anch'io rimasi là come un salame, ad assaporare stupefatto una felicità che non mi sarei mai aspettato. Sono in debito con la vita per quel gesto che mi schiantò, e che mi sa tanto non potrò nè saprò mai risarcire. E allora, almeno le mie viole, almeno quel poco che ho lo metto qui. Per tutti quelli che hanno il coraggio di volermi bene, ed il coraggio di dimostrarmelo. Per le persone che mi pensano, e che non mi dimenticano. Per tutti quelli che sanno regalarmi insperate ed impreviste felicità.

(Ah, e anche per l'amico Gios, che ho scoperto solo oggi aver festeggiato il compleanno di recente, e quelle sceme col botto che lo sapevano non m'hanno detto niente! )

mercoledì 10 marzo 2010

Nevicata triste


Sarà che in questo periodo avverto di nuovo quel fastidioso senso di capolinea; sarà che l'atmosfera è rimasta per tutto il giorno di un grigio sporco e compatto, senza i lucori fra il latteo e l'opalescente che si verificano di solito in circostanze del genere; ma per la prima volta nella mia vita mi sono accorto di quanto anche una nevicata possa essere triste. Dice: " C'è sempre una prima volta". Si, ma non me l'aspettavo, da quell'animale invernale che sono, e che di solito nella neve ci sguazza, ci ruzza e ci si ringalluzzisce. Nel pomeriggio ho spalato per più di tre ore con l'aiuto di Bobo che mi delimitava l'area d'intervento scavando col muso, manco fosse un cane da tartufi. Di solito spalare la neve è un piacere sopraffino, soprattutto quando, come oggi, riesci a toglierla via in grossi blocchi compatti ma soffici che sembrano fatti di zucchero filato; ma a questo giro non c'ho trovato il sugo delle altre volte. Così, per non farmi mancare niente, mi sono messo a cantare e a ricantare una vecchia canzone francese di quelle molto strillate e molto melodrammatiche, strappacore e tragiche: "Les neiges du Kilimandjaro":

"Non andrà più molto lontano
la notte arriverà presto
E vede laggiù, distanti,
le nevi del Kilimangiaro

Loro ti faranno un bianco mantello
dove tu potrai dormire;
ti faranno un bianco mantello
dove potrai dormire, dormire, dormire.

Nel suo delirio rivede
la ragazza che amava
se ne andavano mano nella mano
la rivede quando rideva

Ecco senza dubbio a cosa pensa
e sta per morire:
non sono mai state così bianche
le nevi del Kilimangiaro!"

Che poi perché sto poveraccio dovesse andare a morire proprio sul Kilimangiaro, con tutte le montagne, i ghiacciai ed i nevai che abbiamo in Europa, non l'ho mai capito. E pensare che solo quattro anni prima Edoardo Vianello ci ricordava come alle falde del medesimo ci sta un popolo di negri che hanno inventato tanti balli , che ogni tre passi fanno sei metri e che si scambiano l'amore profondo dandosi i baci più alti del mondo.
E quindi, capolinea o no, non scendo ancora: rimango seduto e faccio un altro giro, visto che mi basterebbe anche soltanto qualche bacio terra-terra.


Chiuso per neve





Sono molto impegnato e stanco. Spalare la neve, spaccare la legna, accendere il fuoco, cucinare la polenta e lo spezzatino, scendere in paese per le provviste, spalmargli l'abbronzante, controllarlo mentre scia che non dia confidenza agli sconosciuti, e alla sera curargli la bronchite visto che si ostina a star fuori in codesta maniera. Io quasi quasi lo metto sulla prima slitta che passa e lo rimando da dov'era venuto.

domenica 7 marzo 2010

A reti unificate


Messaggio alla Nazione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Care pirla e cari pirla che avete consumato diottrie a studiarvi le norme elettorali fino all’ultimo codicillo in corpo 2, avete consumato scarpe andando in giro a raccogliere firme regolari, vi siete congelati stazionando per ore ai banchetti per convincere i passanti a sottoscrivere le liste, avete rinunciato al tempo libero per inseguire gli autenticatori in capo al mondo e vi siete svegliati alle tre del mattino per presentarvi per tempo agli uffici elettorali, questo discorso a reti unificate è dedicato a voi imbecilli ancora convinti di vivere in uno Stato di diritto, in una democrazia fondata su elezioni regolari, cioè conformi alle leggi vigenti....

segue qui



martedì 2 marzo 2010

Il rude camionista


Il rude camionista che è in me non disdegna affatto i lunghi viaggi solitari con il suo bisonte della strada. Prima di partire gli dà una pacca affettuosa sullo spinterogeno sussurrandogli: "Adesso gliela facciamo vedere noi!". E via, a sgranocchiare chilometri come fossero Fonzies al formaggio.

Il rude camionista che è in me ama le autostrade di Francia, e vorrebbe sposarne tutti i casellanti. Non importa se uomini o donne, vecchie carampane o ragazzotti brufolosi: adora la straordinaria gentilezza che sciorinano al pagamento del pedaggio, accogliendolo con sorrisi festosi, quasi gridandogli " Bonjour, monsieur!" e "Mercy, aurevoir, bon voyage!".
E' convinto che, ben nascosto nel gabbiotto, dietro ad ognuno di loro ci sia un tostissimo agente della Gendarmerie con la pistola spianata e con la faccia che sembra dire: " Se non fai finta di essere gentile ti sparo", ma ad un certo punto chissenefrega, quello che conta è il risultato.

Il rude camionista che è in me non teme le avversità atmosferiche. Questa volta ha dovuto affrontare tutta una serie di violenti acquazzoni che si scatenavano improvvisi malgrado il sole, e che i francesi chiamano col nome civettuolo di giboulets. Ne valeva la pena, perché ancor prima di finire si trasformavano in grandiosi, infiniti arcobaleni.

Il rude camionista che è in me ama sostare negli autogrill francesi. Sono molto, molto diversi dai nostri. Hanno un che di sommesso e di stralunato, come un dipinto di Edward Hopper. In tutti c'è un angolo pieno zeppo di macchine tutte uguali che distribuiscono brodaglie fantasiosamente chiamate caffè, cioccolata, cappuccino. Davanti ci sono sempre tavolini alti alti e senza sedie, dove si radunano i rudi camionisti come quello che è in me. Stanno lì guardando nel vuoto, con davanti il bicchiere di carta pieno di brodaglia, biascicando qualche parola distratta. Quelli olandesi sono alti e rossi, e indossano magliette con le maniche corte malgrado il freddo. Spagnoli e portoghesi sono tracagnotti, cisposi e infagottati. Quelli francesi sanno di gauloises, i tedeschi hanno tutti la pancia e ridono. Ma che avranno da ridere non si sa.
Nelle toilettes non c'è nessuna virago col piattino davanti che ti maledice con lo sguardo se non lasci almeno due euro di mancia dopo aver fatto pipì. Ma non ci sono nemmeno tutte le scritte che rendono deliziosi e letterari i cessi italiani; al massimo qualche telegrafico e impacciato " je le suce" seguito da un numero di telefono.

Quando scappa, e l'autogrill è lontano, non è il caso fermarsi a bordo strada: c'è un sacco di aree di sosta con servizi puliti, funzionanti, e, miracolo, sempre dotati di carta igienica. Tutto attorno tanto verde tenuto benissimo, con tettoie, panchine, tavoli e giochi per i bambini. Malgrado i giboulets ci sono intere famigliole che fanno il picnic. C'è anche qualcuno che legge dei libri, seduto sull'erba fradicia.

Le stazioni di rifornimento sulle autostrade francesi sono gestite dalla Dracula SpA, e se hai la disgrazia di dovertici fermare sei rovinato. Ma il rude camionista che è in me ha capito l'antifona, ed il pieno lo fa uscendo nei centri commerciali che costeggiano il percorso, dove il gasolio ancora un po' e te lo tirano dietro a secchiellate. Intanto che c'è, per sgranchirsi, visita anche il centro commerciale. A Chambery, nell'immenso Carrefour, ha sentito un rumore strano ed acuto che sovrastava le musichette di Shakira, Madonna e Lady Gaga. Ci ha messo un po' per capirne l'origine, chè il camionista che è in me non è certo un mostro di intelligenza: ma poi si è accorto, guardando in alto, che il rumore era il cinguettito di molti uccelli liberamente svolazzanti al di sopra dei tubi e dei pannelli. Ne ha approfittato per chiedere spiegazione al più carino dei sorveglianti, di quelli che scorrazzano coi pattini a rotelle. " Entrano dalle porte girevoli, monsieur; si trovano bene, al caldo ed al sicuro, e fanno il nido lassù in mezzo ai tubi".
"Ma non cagano?" "E cagano si, monsieur". "Beh sparategli, no? " "Non si può, monsieur: gli animalisti han fatto casino.

Il rude camionista che è in me non lo ammetterebbe mai, ma visto che non c'è nessun testimone, mentre guida si mette a cantare a squarciagola le canzoni che manda la radio.
Ha un debole per "Les comediens" di Aznavour, soprattutto dove fa " Viens, voir les comédiens, voir les musiciens, voir les magicien, qui arrivent!"; ma a questo giro ci ha dato dentro con "Tous les garçons" di Françoise Hardy:

"Tous les garçons et les filles de mon âge
se promènent dans la rue deux par deux
tous les garçons et les filles de mon âge
savent bien ce que c'est d'être heureux
et les yeux dans les yeux et la main dans la main
ils s'en vont amoureux sans peur du lendemain
oui mais moi, je vais seul par les rues, l'âme en peine
oui mais moi, je vais seul, car personne ne m'aime

Mes jours comme mes nuits sont en tous points pareils
sans joies et pleins d'ennuis personne ne murmure "je t'aime"
à mon oreille "