domenica 25 luglio 2010

La risposta dell'anno.


-Cosa le piace di più nel corpo di una donna?
-Sono gay.

(Jonsi Birgisson intervistato da "D", 27-03-2010)

Love gay parade?


Ho come l'impressione che lo facciano apposta. Non posso spiegarmi altrimenti che un quotidiano a tiratura nazionale definisca la Love Parade tedesca, in queste ore tragicamente balzata alla ribalta delle cronache internazionali, come "mega festa dell'amore gay". Anche i bambini sanno come l'omosessualità, nella Love Parade, abbia la stessa incidenza che riveste ad esempio nella Giornata Mondiale della Gioventù: una componente innegabile ma di certo minoritaria e assolutamente non caratterizzante. E allora perché sbandierare un titolo del genere, non solo sbagliato ma disgustosamente capzioso nell'associare la morte orribile di diciannove poveretti incolpevoli all'amore gay? Ho come l'impressione che alcuni maitres-à-penser particolarmente determinati a forgiare la mentalità ed il comune sentire dell'italiano medio secondo i convincimenti della parte politica cui appartengono, abbiano inserito l'omosessualità fra gli obiettivi da rendere istintivamente sgradevoli, riprovevoli e ripugnanti; ripetendo il giochetto perfettamente riuscito a suo tempo, ad esempio, con gli albanesi, con i rumeni o con gli immigrati africani. Non mi spiegherei altrimenti i sempre più numerosi tentativi di far crescere uno stigma sociale e collettivo nei confronti del mondo GLBT: come se in questo mondo si annidassero i sovvertitori dell'ordine costituito, dei valori tradizionali , dell'identità nazionale. Sovvertitori da "snidare e isolare" , secondo alcuni; da trasformare in capri espiatori secondo altri; in ogni caso da additare come responsabili del degrado morale del Paese. La cosa più preoccupante non è tanto nelle strategie comunicative di questi furbi mestatori, quanto nel lassismo e nell'indifferenza con cui esse sono accolte e subite da quanti dovrebbero combatterle e respingerle con ogni forza e con ogni mezzo. Perché la Storia ci insegna, purtroppo, che la costruzione di nemici immaginari da dare in pasto all'opinione pubblica per distoglierla dai veri problemi e dalle vere responsabilità ha sempre esiti disastrosi.

giovedì 22 luglio 2010

Scarface e i bastardi ( Et in Arcadia ego)


No, è che per quanto possa sembrare impossibile sono in vacanza. Ormai da due settimanone abbondanti. Cioè, non sono a Mykonos e nemmeno alla Pensione Elvira di Borghetto Santo Spirito: sono sempre sui miei bricchi desolati e feroci, che mai come in questi giorni sono quel pavesiano riverbero di grillaia e di tufi . E lavoro, eh? Uh, come lavoro! Ma come si sa la parola vacanza deriva dal participio presente vacans, a sua volta disceso da vacuum, vuoto: e secondo lo Zingarelli significa esser vacuo, sgombro, libero, senza occupazioni. Oddio, l'occupazione ce l'ho, e bella grossa, ma tutto il resto coincide: proprio perché essa mi assorbe a tal punto da non lasciare spazio nè fisico nè mentale alla pletora di affanni, fastidi, noie, grane, pensieri e stress che di solito mi affligge. E dunque vacuo come l'interno degli emisferi di Magdeburgo, sgombro come la pancia della Marcuzzi e Libero come il quotidiano di Belpietro, mi sento davvero in villeggiatura. Di più: in un'Arcadia rude, assolata e ardente, ma tutta mia.
Veniamo con ordine. Dalla fine di Giugno si usa riordinare i tralci delle viti, che nel periodo di massima esuberanza vegetativa diventano come una chioma scarmigliata, sistemandoli in verticale sulla spalliera, e piegandone gli apici con bel garbo sul filo più alto di questa. Questo lavoro si chiama "chinare le viti", dove il verbo che lo definisce deriva direttamente dal latino pectinare: e in effetti le verdi zazzere ribelli, dopo la cura, diventano scolpitissime coiffures che non saprebbero realizzare nemmeno i leggendari fratelli Bundy, già campioni del mondo.
Nelle annate normali è un lavoro abbastanza semplice che si sbriga in un paio di settimane; ma quest'anno, grazie alle piogge ed al caldo abnorme, le viti germogliano in modo insensato, e ci vuole un sacco di tempo per la messinpiega. Perché entrano in gioco loro: i bastardi. In italiano si chiamano femminelle, e sono i germogli di seconda gettata, quest'anno talmente proprompenti e lussureggianti da dover essere asportati per ridare equilibrio alla chioma. Quando sono molti, e così lunghi, ci vuole un sacco di tempo. Così, visto che i dipendenti non ce la facevano, ho mollato tutto, ma proprio tutto, e mi sono messo a fare il coiffeur a tempo pieno. Si comincia il lavoro alle 7, e fin verso le 9 si va abbastanza bene. Non fosse per la variegata entomofauna endemica del vigneto che ce la mette tutta per farti perdere la pazienza, riuscendoci, fra l'altro, nella maggior parte dei casi. Le prime ad arrivare sono le zanzare vampire, che lasciano il posto ai mosconi cocoriti ( li chiamo così perché oltre ad essere più o meno grandi come i pennuti omonimi sono anche metà gialli, metà verdi e con gli occhi rossi) e questi, a loro volta, ai tafani cannibali. Le peggiori sono però le metcalfe, tanto innocue ed innocenti quanto schifose. Sono farfalline bigerognole dall'indole torpida che se ne stanno sui bastardi di cui sopra a secernere una sorta di miele appiccicoso; disturbate, fanno dei brevi svolazzi e ti si posano regolarmente sulla faccia, rimanendo lì finchè non le scacci.
Verso le 9,30 si comincia a sudare, grondando sempre di più col passare delle ore. Alle 11,30 cominciano le visioni mistiche, e sole, luce e foglie si confondono e si sciolgono in una sorta di vampata grigia ronzante e pulsante. Ci si ferma a mezzogiorno, prima che il delirio diventi irreversibile. Dopo pranzo dò una guardata alle e-mail , un'occhiata ai giornali on-line e una scorsa ai blog preferiti. Poi schiaccio un sonnellino di un'oretta, sempre profondissimo e saporitissimo, e alle 16 si riprende, con il sole che sembra ti stia prendendo a martellate. Si va avanti fino alle 20. Docce, abluzioni, cena biascicata controvoglia, un po' di tivù ( solo perché su Rai Extra mandano le repliche di Avanzi e dell'Ottavo nano) un po' di internet e mezzanotte arriva in un amen. Tutto il resto fuori. Ecco il vuoto, ecco la vacanza oppiacea, ruffiana, suadente, stordente, rigenerante ed insieme dannatrice. Tutto il resto arriva affievolito e indistinto come un'eco lontana, come un sodaniano e bisbigliato chiacchiericcio. Diciamo che non ho ancora capito se mi sto ricaricando e corroborando, o piuttosto esaurendo.

giovedì 8 luglio 2010

Tragic Italy




Non so se è tutta e soltanto colpa sua. So solo che la devastazione del Bel Paese, da quel fatidico e maledetto 2001, procede inarrestabile; e addirittura sembra ormai cibarsi di se stessa. Tutta l'Italia è ormai una gigantesca Arcore, il cui sindaco Marco Rocchini ha comunicato che, essendo il suo comune strozzato dal patto di stabilità e dai tagli alla finanza locale, ha dato l’assenso al cambio di destinazione d’uso di 30 ettari di terreni agricoli inseriti nel parco del Lambro. Sopra quei terreni, l’immobiliare Idra ( un nome, un programma) della famiglia Berlusconi realizzerà 400 appartamenti per 1200 nuovi abitanti. Situazioni del genere sono ormai la prassi seguita dai comuni per tirare a campare, e dai palazzinari ed immobiliaristi per arricchirsi. Il costo per la collettività, per contro, è incalcolabile. Si stanno mangiando l'Italia come un budino, a cucchiaiate sempre più avide e sempre più veloci. Ed hanno il coraggio di metterci la voce e la faccia per decantare quella bellezza che stanno massacrando.
Fanno veramente schifo.

mercoledì 7 luglio 2010

Tri is megl che uan



A proposito di tre, oggi ho visto lo spottone pubblicitario con la voce suadente del Presidente-speaker che vuole convincerci a passare le nostre vacanze in Italia. Molti anni fa Enzo Biagi disse che se Berlusconi avesse le tette farebbe anche l'annunciatrice. Ecco: le tette non erano necessarie. Ovviamente la nuova Nicoletta Orsomando si è affrettata a certificare l'assoluta gratuità della sua prestazione, e altrettanto ovviamente si è dimenticata di comunicare quanto si faranno pagare le sue televisioni per trasmettere l'oleografica réclame; ma non è di questo che vorrei parlare, per una volta apprezzo l'intenzione e non sto a cercare il pelo nell'uovo.
Piuttosto vorrei chiedere agli amici romani che mi leggono, di dare un'occhiata al minuto 0,22: sullo sfondo di un infuocato tramonto si staglia la solenne sky-line di una città che così sui due piedi mi sembra proprio l'Urbe. E direi che er cuppolone sia abbastanza identificabile. Confesso però di essere rimasto abbastanza sorpreso nel constatare che di cuppoloni ce ne sono altri due apparentemente identici nelle dimensioni e nella struttura. Ora, che la Capitale della cristianità pulluli di cupole è cosa nota, ma io con quelle due ( viste dall'Aventino? Po' esse? ) non mi ci raccapezzo. Giovanotti e giovanotte de 'sta Roma bbella, voi che siete fatti cor pennello, vi prego, svelatemi l'arcano delle due intruse con nome, cognome e patronimico.

Tre cose




Tre cose non si possono tener segrete: l'amore, la tosse, la cacarella.


Tre cose sono impossibili da trovare: amici, denaro, fedeltà d'amante.

Tre infirmità non si guariscono: la pazzia, i debiti e l'amore.

Tre le virtù de' villani: mangiare, dormire, scoreggiare.

Tre femmine e tre oche fanno un mercato.

Tre virtù ha il vero amico: honorar in presenza, lodare in assenza e servir ne' bisogni

Tre cose non vanno apprezzate: bellezza di sgualdrina, forza di facchino e consiglio di fallito.

Tre cose non vanno lodate: aver buon vino, buon cavallo, e bella moglie.



Da "L'eccellenza e Trionfo del Porco & altre opere in prosa" di Giulio Cesare Croce, Ferrara 1594

domenica 4 luglio 2010

Silenzio perfetto chi canta uno schiaffetto...


Si chiamano "Komos" e sono un coro gay. Sono bravi, sono simpatici, sono motivati. Si presentano così:
"Komos non è un dopolavoro gay per omosessuali che hanno paura di uscire nel mondo e vogliono frequentare solo ambienti gay nei quali si sentano protetti.
Non è un coro SOLO PER gay o un coro SOLO DI gay. E' un CORO GAY. Ovvero è un progetto artistico e sociale che intende abbattere i pregiudizi che in Italia colpiscono gli omosessuali, mostrando all'opinione pubblica che la comunità gay non è solo stupide paillettes o tristi j'accuse contro il mondo crudele, ma anche, ad esempio, un coro che lavora seriamente per raggiungere elevati obiettivi artistici."

Erano balzati agli onori delle cronache, loro malgrado, lo scorso mese di Settembre. Dopo alcune peregrinazioni avevano trovato un'ottima sede per le prove presso la parrocchia di San Bartolomeo alla periferia di Bologna, il cui parroco, don Nildo Pirani, li aveva accolti con grande disponibilità, e in cui si erano rapidamente ambientati con la comunità dei fedeli. Un segno incoraggiante di apertura mentale e sociale nei confronti dei gay, che non avrebbe mancato di dare buoni frutti. Troppo buoni, secondo l'arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra, celebre per le posizioni intransigenti ed arcigne nei confronti del mondo GLBT. Il prelato, appellandosi ad una disposizione pontificia del 1986, disponeva non solo l'allontanamento di "Komos" dalla chiesa di San Bartolomeo, ma da tutte quelle della diocesi, caso mai ci avessero riprovato da qualche altra parte. Il motivo? "Dovrà essere ritirato ogni appoggio a qualunque organizzazione che cerchi di sovvertire l'insegnamento della Chiesa, che sia ambigua nei suoi confronti, o che lo trascuri completamente. Un tale appoggio, o anche l'apparenza di esso può dare origine a gravi fraintendimenti.". In questo caso il "sovvertimento" dei precetti ecclesiastici stava probabilmente nel fatto che i ragazzi del coro non solo si dichiarino gay, ma che si dimostrino proprio per questo sereni, positivi, impegnati e capaci. Troppo per una Chiesa che ci vorrebbe esibire al mondo come psicopatici frustrati o tormentati.
Lo sfratto ebbe comunque un lieto fine, ed i nostri trovarono nuova ed eccellente sistemazione presso la chiesa Evangelica Metodista di Bologna, che li accolse a braccia aperte e permise loro di continuare l'attività artistica.
Evidentemente, però, qualcuno se la legò al dito.
Il prossimo 10 Luglio, i nostri coristi avrebbero dovuto esibirsi in concerto in una importante e prestigiosa rassegna pesarese finanziata dalla locale Arcidiocesi, dalla Provincia e dalla Regione Marche. Ebbene, proprio l'Arcidiocesi ha diramato ieri un comunicato in cui annunciava l'annullamento del concerto, senza ulteriori spiegazioni. A quanto pare il motivo starebbe in un'intervista realizzata da alcuni studenti del Dams, che invito a visionare qui, tanto per farsene un'idea. A me non sembra contenere affermazioni o atteggiamenti tali da giustificare una ritorsione tanto grave, ma forse sono io che mi sbaglio.
Vedremo come andrà a finire. Intanto esprimo la mia totale solidarietà a Paolo Montanari giovane direttore del gruppo, ed ai coristi che sono tutti bravissimi, simpaticissimi, e, ça va sans dire, bellissimi!
Forza ragazzi, siamo con voi!

sabato 3 luglio 2010

Geppina, o della leggerezza.

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Calvino scriveva:
"Nei momenti in cui il regno dell'umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno o nell'irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un'altra ottica, un'altra logica, altri metodi di conoscenza e di verifica. Le immagini di leggerezza che io cerco non devono lasciarsi dissolvere come sogni dalla realtà del presente e del futuro..."

Amo la leggerezza, e più sembra mi sia negata, più la anelo. Vorrei spogliarmi della materia, e vivere fluttuando a mezz'aria come un violinista di Chagall. Vorrei almeno imparare anch'io a cambiare il mio approccio con la vita, che più passa, più mi rende pesante.
Nell'attesa mi accorgo di amare sempre di più le persone leggere che, attenzione, non sono nè superficiali nè stolide: sono cristalline, sono aria buona, sono ombra del pomeriggio, sono volo, sono ebbrezza. Sono come Geppina, la ragazza di fumo cantata da un'indimenticabile Anna Magnani e da un grande Totò...
Ho bisogno di loro. Per attaccarmici come ad un palloncino e volare.

"Geppina ragazza di fumo,
ci ha la testa col naso un pò all'insù,
il suo amore si chiama nessuno
e va a spasso per l'aria in tutù.

Geppina di notte fa il sogno
e il giorno lo tinge di blu,
Geppina più vive e più muore,
la vedi e poi non c'è più .

" Geppina Geppi, la tua voce,
Geppina Geppi, la tua luce,
sei tanto strana ma tu mi piaci,
mi piaci, piaci, piaci tanto così!
Geppa Ge' voglio te, Geppa Ge' solo te! "