sabato 19 febbraio 2011

Le dit du singe






Cy se replique en italien le Dit du singe noté cy devant en francois



Noté ben tucc ista burgà:
gli usurer mangion la brigà,
ma son pur gli usuré ancour lour
mangià da y princi e superiour.

Princi dai preive son mangià
et putain mangion preive et frà;
Rufiayn apres mangion putain
et taverner mangion rufiayn.

Cativ pagau pos au derrer
son coi chi mangion i taverner,
et pos saran i cativ pagau
mangià day sbirry, et pellucau.

E i sbirry enfin mangià dai pioeuj
e i pioeuj dal sumie, si ch'a l'euj
qui se deschiaira pr'y nosg vers

che sia per long o per travers
al mond ognun che mangia o rumia
passa infin pr'an del cul d'la sumia.










domenica 6 febbraio 2011

Impero basso



Non è una novità che l'Italia degli ultimi decenni assomigli sempre più all'impero romano della decadenza, con un ceto dirigente che si avvoltola protervo nel fango della corruzione, della dissolutezza e del vizio, e con un popolo che, lungi dal contrastarlo e dal richiamarlo all'ordine, in gran parte lo legittima adottandone con entusiasmo i suoi disvalori, le sue sordidezze e le sue nequizie, privo di altri slanci e altri ideali che non siano il soddisfacimento dei propri istinti più bassi e la tacitazione delle proprie più irrazionali paure.
Immobilizzato in casa da una fastidiosa influenza, in questi giorni sono andato a rileggermi gli Epigrammi di Marziale, che del " basso impero" romano fu uno dei più spietati e feroci fustigatori. Lo avevo letto tantissimi anni fa, e all'epoca mi sembrava una cosa impossibile che una società potesse ancora raggiungere simili livelli di degrado: ero giovane e ingenuo, e mi sbagliavo. A quei tempi lessi una versione edulcorata e purgata; solo molto più tardi scoprii il Marziale sboccato e pornografico, ed il mondo torbido e vischioso delle crapule e delle sfrenatezze sessuali sfacciatamente esibite, di cui, criticandole, se ne faceva inconsapevole cantore. Riporto alcuni epigrammi di argomento crudamente omosessuale, che andrebbero fatti leggere a chi rimpiange i bei tempi antichi quando "certe schifezze non esistevano"; e che dimostrano come da duemila anni a questa parte non si sia più inventato niente.
Tenete lontani i bambini!










Telesina per moglie non la voglio,
perché è puttana. Però la dà ai ragazzi.
Se ci sono i ragazzi, allora la voglio!

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Se alle terme, o Flacco, sentirai
un lungo applauso, sappi che in quel luogo
il cazzo di Marone ha fatto ingresso.

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Eri ricco, una volta, ed inculavi
i ragazzi; nè conoscesti donna per gran tempo.
Ora che un soldo non hai, vai con le vecchie.
E' la miseria, che ti fa chiavare.


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Vacerra, sei un bugiardo ed un infame
calunniatore; vivi di frodi e traffici;
succhi i cazzi e sei pure consulente
di teatro. E non hai soldi, e questo è strano.


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Vedi, o Deciano, quell'uomo
dai capelli arruffati,
del quale temi il sopracciglio severo,
che sempre cita gli eroici Curii
e i difensori Camilli?
L'austero suo aspetto non ti inganni:
ieri era donna.

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Sessanta ne hai, fra ragazzi e ragazze,
e un cazzo solo, e flaccido. Come farai?


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Al tuo amichetto fa male il cazzo
e a te il culo, o Nevolo.
Non sono un veggente, ma so il perché.


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Hai venduto, o Labieno, tre poderi.
Hai comprato, o Labieno, tre bei culi.
Ti inculi, o Labieno, tre poderi!

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E petto, e gambe, e braccia depilate,
o Labieno, tu offri alla tua amica, e tosi
senza pietà (lo sanno tutti, ormai)
il pelame al tuo cazzo circonciso.
Ma il culo ben rasato, a chi lo dai?

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A farti fare il culo tu ci godi,
Pàpilo, ma poi piangi. Ti lamenti
d'aver ciò che volevi, e il rimorso
dell'oscena voglia ti prende?
O invece non sei sazio, e perciò piangi?




Non ti biasimo per le notti che passi,
o Gauro, a ubriacarti: lo faceva anche Catone.
Per i versi che scrivi in sprezzo ad Apollo
ed alle Muse: imiti Cicerone.
E copi Antonio quando vomiti, e Apicio
ogni volta che ti riempi di cibo.
Ma quando succhi il cazzo, a chi ti ispiri?

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Nàsica il pazzo abbranca il servo di Eucto,
l'alienista, e se lo incula. Ma allora non è pazzo!

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Afro, duro fra i maschi, ha preso in moglie
il barbuto Callistrato, con rito uguale a quello
che ogni vergine lega al marito. Guizzarono torce,
era velata la sposa, a Talasso
s'elevarono gli inni. La dote
era già stabilita. Non ti sembra, o Roma,
che sia normale questa coppia?
O pretendi pure che ti faccia un figlio?