domenica 26 ottobre 2008

Sake

Dov'ero rimasto? Ah, si, al turbinoso andirivieni di ospiti stranieri che tra Sabato e ieri mattina mi hanno costretto ad una crapula pressochè permanente. Della maggior parte di essi non c'è molto da raccontare: sono rimasto molto colpito, invece, dalla delegazione giapponese. Al punto da cominciare a scriverne già Domenica scorsa, prima che le successive invasioni barbariche mi distogliessero del tutto da queste pagine. Riprendo integralmente quanto avevo buttato giù a caldo.

"Ieri sono poi arrivate le giornaliste giapponesi. Una sembra Yoko Ono ma è una simpaticona che strilla, grida, strabuzza gli occhi e bacia e abbraccia tutti quelli che gli capitano a tiro, gatto compreso. L'altra è uguale a Toshiro Mifune senza la barba, ed ha gli stessi modi di Toshiro Mifune quando recita la parte del samurai. Ti guarda come volesse dirti: "adesso fai attenzione a come parli, o ti spicco la testa dal busto con un sol colpo della mia katana". Non dicono di essere fidanzate, ma lo fanno capire in modo talmente chiaro da dissipare qualsiasi dubbio anche al gatto di cui sopra. In realtà sono venute in visita per accompagnare due fratelli produttori di sake in un piccolo laboratorio artigianale onusto di gloria e di quattrocento anni di storia. Siccome il mondo è piccolo, sono proprio della regione di Kai, teatro delle epiche gesta di Shingen Takeda immortalate in "Kagemusha" di Kurosawa, film che adoro alla follia. E già questo me li ha resi simpatici in partenza. Il fatto di arrivare dal Giappone profondo, ancestrale e rurale, così diverso da quello metropolitano ed internazionalizzato che bene o male conosciamo un po' tutti, li circonfonde di irresistibile esotismo. Uno è brutto in picco. Stortignaccolo, macilento, faccia da prugna secca, dentoni : è la caricatura del "muso giallo" nei cartoons americani degli anni '40. L'altro, beh, il diavolo mi porti, ma è uno dei dieci giapponesi veramente carini che esistono sulla faccia della Terra. Parlano un inglese orribile, ma siccome il mio , di inglese, è ancora peggiore, riusciamo a capirci ed a comunicare in modo decente senza l'intermediazione delle due strappone.
Passiamo insieme una lunga giornata, fino a notte fonda. Invece di farne la cronaca, preferisco esporre alcune considerazioni che stamattina, a mente lucida, mi frullano per il capo.
-Non so se per indole o per cultura, ma i miei ospiti hanno vissuto ogni momento della visita come una continua agnizione; non mi spiegherei altrimenti il costante concerto di mugolii di sorpresa estatica che esplodevano anche per le cose più banali. Esempi: nella vigna, io: "Ecco la vigna"; e loro: "woooohoooo!" sgranando gli occhioni. In casa, io: "Ecco la casa"; e loro: "wooooohooooo" sbattendo le palpebre. A tavola, io: "Ecco il caffè"; e loro "wooooohooooo!" e giù a far foto.
-Non so se per indole o per cultura, ma i miei ospiti si sono dimostrati non solo attentissimi, ma anche maniacalmente interessati a tutto ciò che vedevano o sentivano. Per dire, visitando la vigna hanno assaggiato un pizzico di terra, e gran parte delle erbe spontanee per capirne "...l'alchimia dei sapori". Mi hanno mitragliato di domande e bombardato di "woooooohooooooo!" ad ogni risposta.
-Non se se per indole o per cultura, ma i miei ospiti sembravano soffrire di un certo complesso d'inferiorità nei confronti del mondo occidentale. Anche lì, bordate di "wooooooohooooooo" quando ad esempio ho detto di amare molto l'Ukyo-e di Hiroshige e Hokusai, o di conoscere qualcosa del grande Shingen, o di aver già masticato le Kintaro-ame.
-Non so se per indole o per cultura, ma la leggendaria frugalità giapponese mi è sembrata simile a quella dei torinesi, morigerati e sobrii in casa propria, insaziabili come lupi in casa degli altri. Ammazza quanto hanno mangiato!
Del resto, visto che quello qui sotto è un intero, raffinatissimo e costosissimo pasto kaiseki ( filosofia gastronomica giapponese di stampo buddista, che letteralmente vuol dire "pietra calda sullo stomaco") , si può perdonare loro qualche eccesso, quando hanno la possibilità di commetterlo!



-Probabilmente non abituati al pranzo occidentale, hanno dimostrato vera contrarietà quando si sono resi conto che venivano tolti i vassoi dei primi antipasti per lasciar posto a quelli successivi.
La Toshiro Mifune mi ha guardato con occhi gelidi, ha dilatato le narici ed ha ruggito: "Fossi in te li lascerei sul tavolo, quei vassoi!". Siccome alla mia testa ci tengo, ho obbedito prontamente.
Bene, hanno continuato a stiparsi la roba nel piatto, mangiando tutto insieme, come se le varie portate non avessero valore se non contrappuntate alle altre. Per dire, al momento del bonèt al cioccolato e delle paste di melighe la prugna secca si è ancora servito una cucchiaiata di insalata russa ed alcune fette di salame.
-Però il sake è buonissimo! Quello fatto da loro, almeno. Tutti gli altri che ho avuto modo di assaggiare mi hanno sempre ricordato un vinello bianco precocemente invecchiato e stanco.
Il loro, fatto con metodi ultra-naturali ed antichissimi, ha profumi meravigliosamente freschi e floreali, e una delicata ma straordinaria complessità gustativa ed aromatica.
-Non so se per indole o per cultura, ma il pranzo si è protratto per ore, via via riscaldato dal connubio vino-sake, via via più rumoroso e caciarone, via via scandito da brindisi sempre più frequenti. Poi ad un certo punto mi sono accorto che i due fratelli erano spariti. Così, di punto in bianco, semplicemente spariti. Mah, saranno andati in bagno, pensavo. Macchè, erano saliti in macchina e ci si erano messi a dormire! Me ne sono accorto passandoci vicino, e sentendo venire da dentro un rumore di temporale, come quello che fanno i mangiatori di soba per le strade di Edo durante il capodanno. "

Quanti erano?

Io più mi ci sforzo e meno capisco. Ok, ieri Veltroni ha fatto la sparata, c'ha provato anche lui come hanno fatto tutti gli altri prima di lui e ha gridato: "Siamo due milioni e mezzo!" con l'aria di pensare: "La butto là, mo' vediamo che succede". Dopo nemmeno mezz'ora risuonavano i cachinni delle "fonti vicine alle forze dell'ordine" che sbertucciavano: " Ma dde che, ahò? Se va bene eravate duecentomila!": e subito dietro, in ordine sparso, le pernacchie di Gasparri, Bonaiuti, Bocchino, ( che fra l'altro con quel cognome lì avrebbe poco da fare il gradasso) Bondi e tutto il resto del coccuzzaro compiaciuto e soddisfatto nell'annunciare il presunto flop della manifestazione piddina, e nel declamare il "Poveri untorelli, non sarete voi a spiantare Milano" di prammatica. Orbene, visto che perfino i sassi sanno che al Circo Massimo non ci possano stare più di 300/400.000 persone ben stipate, l'esagerazione veltroniana era simile a quella del pescatore che afferma di aver catturato una balena nel Ticino. Quello che non mi spiego, però, è come mai il 2 Dicembre 2006 , dal palco del Berlusconi-day in piazza San Giovanni il Cavaliere strillò "Siamo più di due milioni!" e di lì a poco le solite " fonti vicine alle forze dell'ordine " dissero: "Esagerato! Non erano più di settecentomila!". Non me lo spiego, perché anche i sassi sanno che a piazza San Giovanni, ad essere ottimisti, non ci stanno più di 150.000 persone.
Utilizzando gli stessi parametri di calcolo utilizzati dal Cavaliere, Veltroni avrebbe potuto dire "Siamo più di 4 milioni!" e le fonti vicine alla questura avrebbero dovuto ribattere con un "Bum, che esagerato! Non più di un milione e mezzo!". Secondo me ci si dovrebbe mettere d'accordo una volta per tutte, ed emanare un Decreto legge ( tanto, uno più uno meno...) che reciti: "Il numero ufficiale dei partecipanti ad una manifestazione si ottiene moltiplicando per 10 il numero delle persone materialmente presenti alla medesima". L'importante che poi tale sistema di valutazione sia osservato da tutti: dal Berlusca come da Walterloo, dal Family Day come dal Gay Pride. Magari si potrebbe istituire un'Autority con il compito di vegliare sulla correttezza di questi dati, così importanti nella vita politica del Paese; un'Autority presieduta da qualche personalità di indiscussa imparzialità ed affidabilità: non so, uno come Feltri o come Agostino Saccà andrebbe benissimo.

sabato 25 ottobre 2008

unidentified flying object



Poi dice che in provincia non succede mai niente! Lo strano oggetto volante delle foto si è materializzato alcuni giorni fa nei cieli di Cuneo, scatenando il panico nella popolazione e dando la stura ad una ridda di ipotesi. Chi ha parlato di allucinazione collettiva, chi di formazione gassosa causata dalle bancarelle dei caldarrostari, chi di satellite militare in avaria. Secondo il portavoce del SUCA (Studiosi Ufologia Cuneesi Associati) si tratterebbe invece di una navicella spaziale proveniente da un'enorme astronave aliena, della quale replica la struttura in forme ridotte.
Sempre secondo il SUCA l'astronave sarebbe inviata da una civiltà molto progredita e molto dotata in mezzi tecnici e capacità.

(Ringrazio l'amico Ribaldo che, venuto in possesso di alcune sconvolgenti fotografie dell'avvistamento, è stato così gentile da inviarmene una copia!)

venerdì 24 ottobre 2008

De honesta voluptate et valetudine


"L'avidità, l'ambizione, la sfrenatezza, l'ostinazione, l'ubriachezza, la petulanza, la frode, l'ira, la paura della morte, la temerarietà, l'avarizia, la pazzia, la disperazione, dalle quali siamo travolti come da orrende Furie, non ci saranno d'ostacolo né al piacere né alla buona salute soltanto se saremo forti e costanti, e se non ci allontaneremo dalla modestia, dai buoni principii, dal pudore, dalla fiducia e dall'amore per chi ci è caro, dalla fermezza, dal rispetto, dalla saggezza e dalla buona speranza, e se insomma non vorremo privarci di quel piacere pieno che è strettamente congiunto allo stare bene con se stessi. "

Bartolomeo Sacchi detto il Platina, 1474

Insomma, se non s'è capito, questa sera a banchetto. Non sarà un gaio simposio , ma una cena ottima e abbondante con una quindicina di persone della più diversa estrazione, che si stimano e si rispettano. Una tregua che mi serviva.
Tornerò molto tardi. Fate i bravi e non fate arrabbiare la nurse.

mercoledì 22 ottobre 2008

Epistolario privato

Il mio amico Manfred, uomo saggio e dunque comprensivo verso le altrui debolezze, mi perdonerà se pubblico integralmente la lettera che mi ha inviato ieri dopo un periodo di forzato silenzio, e la risposta scritta da me. Non amo molto un simile denudarmi in pubblico; anzi, non lo amo per niente. Ma se mi incaponisco ad attribuire a questo mio blogghino una funzione, diciamo così, psicoterapeutica, sono quasi costretto a farlo.
In primis, per non continuare a tenermi dentro la tristezza di questo periodo, e per non farne carico al solo, incolpevole Manfred;
in secundis, per fissare in qualche modo un momento non facile della mia esistenza : nella speranza di poterne ridere, un giorno, e di non doverlo rimpiangere.



From: Manfred To: Gan
"Oggi, dopo dieci giorni (dieci!), sono tornato a leggere il tuo blog. Ok, forse poco te ne cale (o forse...no). Ma tra un impegno e l'altro, tra un ospite e una connessione che continua a far le bizze (sono relegato a venti centimetri dal rooter -si scriverà così- per fare in modo che il pc rilevi la linea), non ho avuto modo di connettermi, se non per brevi sbirciate alle notizie, e al materiale per le lezioni.
Ho trovato molte cose interessanti, come di consueto. E, soprattutto, ho ritrovato, seppure in salsa ironica, una canzone di Battiato. Ne adoro le versioni live, in chiave acustica e "tranquille". A volte mi commuove quasi, quel testo. Sono un po' malinconico, stasera, no?
Come stai? Agenda degli impegni fitta, mi pare di aver capito; ma tu?
Ti abbraccio. Ogni tanto mi ricordo che sei una persona speciale."

From: Gan To: Manfred

"La chiusa della tua lettera mi ha fatto arrossire, in un primo tempo; poi, pensando a quanto sono "speciale", è partita una risata cattiva.
Il testo di Battiato mi fa venire il groppo in gola ogni volta che lo leggo, troppi i rimandi al mio presente.
Come sto non lo so, o meglio, preferisco non saperlo. Rassegnato, forse, e incattivito. Nostalgico, senza dubbio. Privo di slanci e di voglie. Lacrime di coccodrillo quando mi chiedo "come ho fatto a ridurmi così? Dove ho sbagliato?", e quando le risposte sono lì belle chiare ed evidenti. Insomma, non dovrei dirlo, ma non sto bene per niente; e in questo non star bene mi abbandono come un rametto di salice tranciato dal temporale e finito nel ruscello che scorre giù nella vallata.
In due giorni sono partiti entrambi gli impianti frigoriferi della cantina. Una batosta non indifferente, e foriera di nuove difficoltà economiche e logistiche. In altri tempi avrei dato di matto: ora mi sorprende che non me ne freghi praticamente nulla. Di là ci sono gli impiantisti intenti a sistemare le nuove macchine.
Da un po' di tempo in qua sto bevendo più del necessario: non arrivo ad ubriacarmi, ma non va bene lo stesso.
Ti sei mai sentito intirizzito nel cuore? Ecco, più o meno è quel che provo in questi giorni.
Fatti sentire, appena puoi. Leggerti, e pensarti, è come arrivare in una radura."

lunedì 20 ottobre 2008

Che buoni i catalani!


"-La nazione catalana rifugge nella vita quotidiana da quanto è superfluo. Poiché le altre nazioni, al contrario, eccedono nel cibo o ne assumono in quantità troppo ridotta, ne risulta che la nazione catalana eccelle sulle altre.
-La nazione catalana nei pasti ordinari e nei conviti ha vino quanto basta, e di questo beve con misura, generalmente senza eccedere. Gli inglesi ed i tedeschi non bevono vino, ma birra e sidro; i francesi ed i lombardi eccedono nel consumo del vino; i catalani sono dunque i migliori.
-I catalani mangiano sempre seduti a tavola; i castigliani siedono in terra, e gli altri popoli in svariate ed incongrue maniere.
-Gli altri quando mangiano fanno gazzarra e molto rumore, divorando cibo che non dà nutrimento; i catalani al contrario non fanno rumore, perché amano desinare in santa pace.
-Gli uomini di altre nazioni quando mangiano mostrano la loro carne nuda, ad esempio i castigliani ed i portoghesi mostrano nude le anche, perché le falde delle loro giacche sono troppo corte; i francesi invece sembrano nascondere il viso nel cappuccio.
-I catalani sono senza ombra di dubbio gli uomini più temperati, in ogni loro comportamento, che ci siano al mondo. Gli italiani, che pure sono frugali, bevono vini eccessivamente raffinati, e questo, come già si è detto, è cattivo comportamento. "

Alla fine del XIV secolo lo scrittore catalano Francesc Eiximenis compilò il "Terç del crestià" con l'intento di esaltare il buon gusto, l'eleganza ed il savoir-vivre dei suoi connazionali.
Quando anni fa soggiornai per qualche tempo a Barcellona, mi presi la briga di verificare se le virtù decantate dal buon Francesc erano arrivate fino a noi. Che dire, i catalani mi sembrarono gentili, molto cordiali ed espansivi senza essere invadenti, sorridenti ed amanti della conversazione. Fui folgorato dalla loro lingua, soprattutto, così straordinariamente simile al mio idioma natio nelle sonorità, nel lessico e nell'accento. E li trovai belli, belli, belli: forse proprio per la contenuta eleganza dei modi e per l'ancestrale nobiltà che scoprii affiorante ancora oggi sotto le apparenze di una bonaria semplicità.
Giorni fa ritrovai le mie sensazioni catalane nel viso di questo tizio che non conoscevo, e che ho scoperto per caso facendo piccolo cabotaggio internettiano. Si chiama Pep Guardiola, già calciatore di buon livello, oggi allenatore del Barcellona. Il ragazzo ( vabbè, ragazzo... ha pur sempre i suoi 37 annetti) mi ha incantato come una paella ben fatta.
Pep, però ti prego, non fare quella faccetta perplessa prima ancora di avermi visto!

PS: questo post è dedicato al Raffinato Gentiluomo Subalpino, al quale tempo fa decantai le (soggettive) doti estetiche dell'illustre carneade.


venerdì 17 ottobre 2008

Agenda fitta


25/10 : le due sgallettate dell' Asahi Shimbun- Cena
26/10: Salone del Gusto- Andare, sennò Carlin s'incazza
1/11 : Lione- Sentire Carla e Nicolas se sono da quelle parti per un saluto
3/11: Parma- Vedere se Fauntleroy ha mezz'ora libera
5/11: Bellaggio- Avvisare George che passo da lui
6/11: 20 crucchi in casa ma forse Angela non ci sarà
9/11: Milano- Dire a Stefano&Domenico che ceno da loro- Chiedere a Dudi se viene anche lui
12/11: Calolziocorte- Michela Vittoria, ma solo se promette di vestirsi come ai bei tempi
15/11: Convegno!!!! Preparare relazione!!!
17/11: Strasburgo- Trovare scusa x nn andare

giovedì 16 ottobre 2008

Trashimazioni


Oggi il quotidiano "La Stampa" dedica un'intera paginata ad un'intervista con Alfonso Signorini, che conoscevo televisivamente ai tempi di Chiambretti, e che apprendo essere anche direttore di TV Sorrisi e canzoni ( un milione di copie) e di Chi (mezzo milione di copie) , nonchè, come viene spiegato con dovizia di particolari, stella rilucente delle televisioni berlusconiane. L'articolo è sobrio fin dal titolo: " Si chiama Putin il mio sogno erotico" , mentre il sottotitolo, ancor più reticente, recita: " Amori, gossip, tivù e politica secondo la star di "Verissimo". Alcune perle:
il nostro Alfonso, che nonostante sia parte in causa confonde l'outing con il coming-out, afferma testualmente: " ...sono la dimostrazione che Berlusconi è un liberale. Dopo l'outing, mi disse solo: direttore, i nostri binari non si incroceranno mai". Adorabile, anche se l'excusatio non petita mi sembra più una gaffe da rappresentante di concimi che un'attestazione di liberismo.
Poco più avanti l'intervistatore chiede: " Sei un'icona gay, come la Carrà?" " Magari! - risponde il giovanotto- avrei molti più fidanzati. Invece da otto anni vivo con lo stesso. Considerato che vivo raccontando gli amori degli altri, vuol dire che predico male e razzolo benissimo". E il fidanzato ringrazia.
Dice che il suo editore e datore di lavoro, con tutte le sue girls, "...è la consolazione e l'invidia di milioni di pensionati". E sfiora le vette del sublime quando gli chiedono chi sia l'uomo più sexy d'Italia: " D'Italia non so. Del mondo, sicuramente Vladimir Putin. Quando l'ho visto a torso nudo, con la tigre siberiana uccisa ai piedi , ho avuto un colpo: me-ra-vi-glio-so!" Io uno che assomigliasse a Putin non lo toccherei manco con un badile: ora, capisco che i gusti sono gusti, ma da una personcina distinta e sobria come Signorini un simile entusiasmo non me lo aspettavo, ecco. Tra la Carrà e "Studio Aperto" ( definito il miglior tiggì nazionale) , tra Miss Italia ed il Festival di Sanremo, la Carfagna e padre Georg, l'autore del pezzo dipinge l'intervistato come uno dei più autorevoli maitre à penser dell'Italia contemporanea: e di colpo si capisce perché l'Italia contemporanea è quello che è.

(La foto qui sopra è la stessa pubblicata da "La Stampa")

martedì 14 ottobre 2008

L'amore è una cosa meravigliosa


Insomma, sarò un inguaribile romantico, sarò sdolcinato e zuccheroso come un romanzo di Moccia: però diamine, quando vedo esibire un amore così totale e incondizionato in maniera tanto commovente, beh, riempio di lacrime felici tutti i miei fazzolettini di batista. Ovvio, i soliti omofobi diranno che è uno schifo vedere due uomini che si baciano o che passeggiano mano nella mano, tanto più se si tratta di due signori attempati: ma a loro dedico la celebre canzone di Franco Battiato.

La stagione dell'amore viene e va,
i desideri non invecchiano quasi mai con l'età.
Se penso a come ho speso male il mio tempo
che non tornerà, non ritornerà più.
La stagione dell'amore viene e va,
all'improvviso senza accorgerti, la vivrai, ti sorprenderà.
Ne abbiamo avute di occasioni
perdendole; non rimpiangerle, non rimpiangerle mai.
Ancora un altro entusiasmo ti farà pulsare il cuore.
Nuove possibilità per conoscersi
e gli orizzonti perduti non ritornano mai.
La stagione dell'amore tornerà
con le paure e le scommesse questa volta quanto durerà.
Se penso a come ho speso male il mio tempo
che non tornerà, non ritornerà più.


Un unico dubbio mi assilla: quanto potrà reggere la pur meravigliosa storia d'amore che i due vecchi ragazzi hanno cominciato a vivere, considerando la distanza che li separa?

(Qui altre foto altrettanto toccanti dei due piccioncini!)

Premio "La frase del mese"


Due vincitori ex aequo.
Il primo è Edgar. In un recente post dedicato a Mara Carfagna, scrive:
"Il suo unico merito? "La passione che ci metto" dice lei. Tanti cazzi: anch'io ho una passione smodata per il cono gelato, ma non per questo pretendo una laurea honoris causa in andrologia."
Il secondo è Malvino, che scrive un geniale epitaffio per la morte di Jeorg Haider:
"La terra ti sia lieve, Jeorg, ma sia tanta."

Complimenti vivissimi e un bell'applauso per i vincitoriiiii!!!!

domenica 12 ottobre 2008

Il bello e la bestia ( seconda parte)


Adesso cammina verso di me, ce l'ho davanti lungo il viale dei platani. In braccio ha un mustelide dalla pelliccia color nocciola. Rimango folgorato: l'immagine è quella di una "Dama con l'ermellino" rivista e corretta da Pierre&Gilles in versione maschile. Pochi secondi che durano un'eternità. Tutto è sospeso: la vita si ferma, e con essa il male del viverla. Se è vero che il paradiso è l'eterna contemplazione della Bellezza, ecco, io ne sto godendo un anticipo. Sicuramente sbarro gli occhi, o mi casca la mascella, o impallidisco, o cambio comunque espressione in maniera così repentina che la signora Artemia trasalisce, e si volta di scatto: il ragazzo con l'ermellino è ormai ad un passo da noi. "Oh mio Dio, ma è meraviglioso!-esclama - non ho mai visto niente di più bello!". " Ha ragione, signora- rispondo, sia pure non riferendomi alla bestiola- nemmeno io ho mai visto niente di simile". Il ragazzo accenna un sorriso, e si ferma: deve essere abituato a commenti del genere. E' sulla trentina: a prima vista sembrerebbe più giovane, ma le rughette d'espressione attorno agli occhi, ed i fili bianchi che spiccano fra i capelli corvini sulle tempie non lasciano dubbi circa la sua età. Indossa abiti da lavoro, da meccanico o da idraulico: chiunque altro con quegli indumenti farebbe la figura di un mentecatto, non lui. Lui è regale ed altero come il principe di Serendip. Mi sforzo di trovare una somiglianza con belloni noti o meno noti: non c'è verso, li batte tutti. Capelli corvini , s'è detto, appena mossi e ben tagliati; tanto lucenti da mandare riflessi come di petrolio; carnagione olivastra; lineamenti di perfetta classicità; occhi scurissimi e mobili, che mandano luce invece di assorbirla. Labbra ben disegnate, naso michelangiolesco, purissimo ovale del viso. Statura non alta, diciamo sul metro e settanta ; ma proporzioni perfette delle membra che si intuiscono al di sotto degli abiti. A prima vista potrebbe passare per un siciliano, ma parla con l'inconfondibile inflessione rotonda e grassa che puoi assimilare solo con il latte materno se la tua stirpe è stanziata fra Po ed Appennino almeno da qualche generazione. L'animale che porta in braccio è vivacissimo, ha occhi di jais con la stessa luminosità di quelli del suo portatore. Si contorce in continuazione, si arrampica, si aggrappa con le zampette unghiate come per prendere lo slancio e saltare a terra; ma rimane sempre lì, quasi simbionte dell'altra creatura. "E' un ermellino?" chiedo io. Mi sorprende rispondendo : "Non sei il primo che me lo chiede, è per via di quel quadro di Leonardo, vero? Ma no, è un furetto". Parla col modo cordiale e pacato di chi ama conversare, e con buona proprietà di linguaggio. La signora Artemia squittisce, cerca di intromettersi nel discorso ma non le lascio scampo. Il semi-dio parla dell'animaletto, ne racconta la storia e le abitudini , spiega: " Si chiama Furìo, ma con la Y, in omaggio ad un vecchio film con David Bowie..." "Non così vecchio! -lo sgrido- e c'era anche Sakamoto" . "Un filmone!" conveniamo entrambi all'unisono. Si lascia andare a dire che, vivendo lui da solo, il furetto è la sua compagnia più preziosa. Ho la gola secca, e sento le farfalle nello stomaco. Gran brutto segno. "Posso carezzarlo? " "Certo, fai pure, è dolcissimo!". Mi avvicino: l'odore di pelliccia dell'animale si confonde con quello suo, che è di abiti puliti, di saponetta, di dentifricio, di caffè bevuto da poco; ma su tutto, è il profumo alitante e sensuale della sua pelle, che esonda tiepido dallo scollo della camicia. Mi porge la bestiola, che se ne sta supina con le zampe stirate voluttuosamente, mentre le sfioro il ventre morbidissimo. Causalmente incontro le mani di lui, con le mie. Ha mani non grandi ma dure; non callose ma ispessite e rese coriacee dal lavoro; sciupate, da uomo fatto: un po' come le mie. Il contatto mi provoca come una scossa elettrica, non gradevole. Ritraggo la mano. La signora Artemia continua i suoi squittii, io non ho più forza e ci dò un taglio. Lui sembra esitare un secondo, forse avrebbe continuato a chiacchierare, forse è sorpreso dal mio improvviso rannuvolarmi di cui non capisce il motivo: ma saluta cordiale, e se ne va lungo il viale dei platani. Per sempre, se ne va.
Beauty is difficult, diceva Pound.

(La foto in alto, rubata a Byb, la metto solo per dare una vaga idea del ragazzo col furetto, che però è infinitamente meno dozzinale e prevedibile del soggetto rappresentato qui)


giovedì 9 ottobre 2008

Il bello e la bestia (prima parte)


Nel profondo sud del mio profondo nord tutti i paesi che se la tirano da città hanno un breve viale di platani umbertini, tracciato da bisnonni ambiziosi ed infranciosati quando l' urbanistica si chiamava "ornato", ed era una cosa seria. Anche il mio paese ne ha uno, e poichè fu fatto per collegare al centro antico quella che un tempo era la periferia, va a finire che sotto le sue fronzute fronde e le sue fresche frasche ci passano un po' tutti, e che transitarci nelle ore diurne vuol dire avere la concreta possibilità di passare in rassegna l'intera cerchia delle proprie conoscenze. locali Lasciati i miei rustici declivi, anch'io ieri l'altro, di buon mattino, ne calpestavo le foglie accartocciate e non ancora rimosse, col passo reso veloce dall'incombere delle mie faccende; e anch'io ho dovuto soccombere al destino che si accanisce contro chi si avventura sotto il viale del platani.
Incontro Paolo, un coetaneo che abita in un paese vicino, ma che non vedevo da almeno dieci anni. Paolo è un gay tardivo, scopertosi ed accettatosi come tale proprio una decina d'anni fa malgrado la bella moglie e la figlioletta. Baci e abbracci. L'ho trovato molto ingrassato, ma con ancora la stessa faccia da bambinaccio impertinente che un tempo me lo rendeva così simpatico.
Sghignazzando mi racconta le sue traversie: il divorzio disastroso che gli è costato la florida fabbrichetta di famiglia; le delusioni amorose degli ultimi tempi; il suo risicato e solitario presente. Ad un tratto mi pianta un gomito nello stomaco e mi fa: "Ehi, ma guarda quello, che bestia!". Mi volto, e vedo solo un tipo basso e giovane , ormai di schiena, che cammina veloce lungo il viale.
"Seh, vabbè- dico io- bestia, poi! Manco fosse passato Evandro Soldati." "Scemooo! - risponde piccato- non dicevo lui, ma l'animale che portava in braccio, una bestia mai vista, stranissima!" "Si, si- taglio corto- ora calmati, è tutto a posto: era il chiuahua che stava portando dal veterinario". Parliamo d'altro, poi il congedo, altri baci , altri abbracci e appuntamento fra dieci anni.
Mollo Paolo, faccio pochi passi e non ti incontro la signora Artemia, indomita ed ottuagenaria fatina dai capelli turchini? Appassionata di arte, di archeologia e di storia locale, più che una vecchietta è un'istituzione: mi sequestra, letteralmente, per aggiornarmi in merito alle ultime ricerche, alle più recenti pubblicazioni, alle più imprevedibili scoperte. Passa un altro quarto d'ora abbondante, scandito dai miei "Oooh!" ed "Aaah!" di meraviglia alternati al suo torrenziale eloquio. Quand'ecco, quasi materializzandosi dal nulla, riappare quello della bestia, questa volta quasi venendomi incontro. Basta una nanosecondo per farmi realizzare che in vita mia non ho mai visto una creatura così bella: lui, non la bestia.

(Continuo un'altra volta, che adesso c'ho da fare)

lunedì 6 ottobre 2008

DADA


Finita la vendemmia. E' un momento che di solito si celebra con una grande cena collettiva seguita da libagioni omeriche, ma quest'anno, com'è noto, c'è ben poco da festeggiare: e mi sono giusto giusto regalato una mezz'oraccia di zapping televisivo. All'Isola dei famosi trovo un tizio in scaldamuscoli che sembra Riff Raff (il maggiordomo del Rocky Horror Picture Show) con trentacinque anni di più, e, rapito, mi fermo. Il tizio ha una treccina lunghissima e con la boccuccia a culo di gallina rintuzza, o forse provoca, il risentimento di un napoletano giovanissimo che esprime il desiderio di "aprirgli la testa in quattro"; simpaticamente, però. Inquadrano la Ventura, sempre su di giri, che ostenta tettone strabuzzate e pericolanti in un rigidissimo corsetto . Ad un certo punto esclama: "Ok, il dado è tratto! DADA TRACTA EST, si dice così, no?". Trasecolo, non mi sarei mai aspettato che la TV italiana contemporanea fosse in grado di fornire una simile epifania del più puro dadaismo .
Questa donna è semplicemente un genio.

domenica 5 ottobre 2008

Anniversari e diluvi



Un anno fa nella data di oggi terminava la vendemmia, e con essa la bislacca e tormentata storia con Enzo.
All'epoca mi dissi due cose: " E' stata la vendemmia più difficile della mia vita" e " Après lui le deluge" , convinto com'ero che gli sconquassi amorosi mi avessero reso ben più tormentose le fatiche consuete, e che il Destino non mi avrebbe mai più regalato quegli abbandoni fisici e sentimentali definitivamente archiviati in quel giorno. Non sapevo ancora, nè immaginavo, che di lì a qualche mese avrei incontrato l'Ingegnere della mia vita, e che con lui avrei vissuto altri abbandoni ancora più intensi, altri sconquassi ancora più devastanti e altre fini ancora più dolorose.
Ma a distanza di un anno ho imparato che i diluvi non sono mai abbastanza distruttivi, e soprattutto mai abbastanza definitivi; e che le brutte vendemmie possono essere seguite da vendemmie ancora peggiori.
Enzo si occupava d'altro, ma aveva terra, tanta terra: campi, vigne, oliveti che lui amava. Come me aveva l'anima contadina. Quando le cose fra noi andavano bene, insistette perchè piantassi alcuni olivi a casa mia: "Saranno le NOSTRE piante, saranno le NOSTRE vite, saranno le NOSTRE reciproche concrete presenze", diceva. Lo feci, otto giovani piantine. Lui fece altrettanto. Dopo un anno le mie piantine sono diventate bellissime e fronzute, sono andato a carezzarle proprio un istante fa prima di mettermi a scrivere. Tutte hanno dato frutto: quisquilie, non più di un paio di olive ciascuna. Ma l'hanno dato.
Così oggi voglio illudermi che tutte le cose belle donano sempre qualcosa di buono; e che dopo ogni diluvio arriverà sempre una colomba con un ramoscello d'olivo nel becco.

(Non prendentemi in giro, ma la colonna sonora è proprio questa canzoncina che a suo tempo adoravo)

sabato 4 ottobre 2008

Settembre


Di settembre vi do diletti tanti:
falconi, astori, smerletti e sparvieri,
lunghe, gherbegli e geti con carnieri,
bracchetti con sonagli, pasti e guanti;
bolze, balestre dritte e ben portanti,
archi, strali, pallotte e pallottieri;
sianvi mudati girfalchi ed astieri
nidaci e di tutt'altri uccel volanti,
che fosser buoni da snidar e prendere;
e l'un all'altro tuttavia donando,
e possasi rubare e non contendere;
quando con altra gente rincontrando,
le vostre borse sempre acconce a spendere,
e tutti abbiate l'avarizia in bando.

A grandissima richiesta, e con clamorosissimo ritardo, ecco il sonetto dedicato a Settembre. Per quanto lo ritenga perfetto per la sonorità dei versi ed il fascino arcano delle immagini evocate, è uno di quelli che preferisco di meno, non solo perché l' Ars venandi cum avibus mi fa un po' impressione, ma soprattutto perché lo sento lontanissimo dal "mio" Settembre. Il "mio" Settembre che ritrovo invece, nitido e smagliante, nella vendemmia alluminata da Pol de Limbourg. Si, da noi le vigne non solo coltivate così, ad alberello; e l'uva non la si raccoglie con le chiappe per aria e l'underwear in bella vista; ma insomma, la luce, l'atmosfera, i colori e le suggestioni sono proprio uguali.
Il castello che campeggia nello sfondo è quello di Saumur, nella Loira: c'è ancora, intatto, anche se parecchio sfoltito di clochetons e pinnacoli . E, intatte, ci sono ancora le stesse vigne, alcune delle quali condotte da un amico-collega di quelle parti. Le autorità del luogo, con vero spirito desesseintiano, vietano di coltivarle con trattori o altri mezzi meccanici , e danno congrui contributi in denaro affinchè si usino esclusivamente i cavalli. Poi ci si stupisce che i francesi siano più avanti di noi!

Tornando al sonetto di Folgore, se Simonchio si azzarda a spiegare le modalità con le quali oggi sarebbe più opportuno usare gli uccelli per il
proprio divertimento, giuro che lo picchio.