sabato 28 febbraio 2009

Mementos (Ricordi gusto menta)


E' sempre un po' triste che certi capolavori musicali siano sottratti all'oblio e conoscano una nuova stagione di popolarità e di fama solo grazie a qualche réclame pubblicitaria di dubbio gusto; eppure negli ultimi anni succede spesso. In questi giorni, per esempio, impazza lo spot della Mentos, e sono in molti a chiedermi: "dì, ma di chi è quel magnifico pezzo del tale che fa girare la squinzia come un mulino a vento?". Perché si, diciamolo: è solo grazie alla colonna sonora che lo spot "buca il video" e si fa ricordare: basti confrontare la versione spagnola e la sua musichetta banolotta con quella italo-anglosassone. Nel primo caso brilla in tutta la sua imbarazzante pochezza, e non basta il bellone nè il mulinello della squinzia a renderlo degno di attenzione.
Signore e signori, la canzone misteriosa e salvifica è la straordinaria " Piece of my heart", dell'altrettanto leggendaria Janis Joplin, di cui vediamo una diapositiva:

Se non sapete chi è andate a cercare su Google, insomma, potrò mica fare sempre tutto io, no? Se lo sapete, allora sappiate anche che, sebbene la conobbi post mortem ( la poveretta fu stroncata da un'overdose nel 1970, a soli 27 anni) ne fui a lungo un appassionato estimatore, anche perchè ci accomunava la passione per il Blues e per il Southern Comfort, nonché l'incapacità cronica di affrontare di petto le nostre rispettive esistenze. Grande, grande, grande.
A titolo di curiosità, invito anche ad ascoltare la versione che ne fecero i New York Dolls. Come sarebbe a dire chi erano i New York Dolls? Negli anni '70 erano una delle band più sciamannate, oltraggiose, trasgressive e sporche dell'universo rock. Qui sotto si può vedere come andavano in giro acchittati quando erano in vena di sobrietà: roba che se si presentassero oggi al Gay Pride conciati così sarebbero scacciati a frustate perfino dalle trans brasiliane.


Ah, se qualcuno salta su col fatto che assomigliano ai Cugini di campagna gli spezzo le braccine. E poi non ditemi che non vi avevo avvertiti.

Come un melo fra gli alberi del bosco


Il libro biblico noto come "Cantico dei Cantici" ( Shir Ha Shirim) è una delle più belle liriche amorose di tutti i tempi. In esso ogni immagine parla di passione, di desiderio, di sensualità, di erotismo e di tenerezza. Così, ad esempio, è ritratto il protagonista maschile:

11 Il suo capo è oro, oro puro,
i suoi riccioli grappoli di palma,
neri come il corvo.
12 I suoi occhi, come colombe
su ruscelli di acqua;
i suoi denti bagnati nel latte,
posti in un castone.
13 Le sue guance, come aiuole di balsamo,
aiuole di erbe profumate;
le sue labbra sono gigli,
che stillano fluida mirra.
14 Le sue mani sono anelli d'oro,
incastonati di gemme di Tarsis.
Il suo petto è tutto d'avorio,
tempestato di zaffiri.
15 Le sue gambe, colonne di alabastro,
posate su basi d'oro puro.
Il suo aspetto è quello del Libano,
magnifico come i cedri.
16 Dolcezza è il suo palato;
egli è tutto delizie!

Ad interpretarlo chiamo senz'altro Nir Lavi, lo strepitoso modello israeliano. Credo che quando Salomone compose il Cantico avesse in mente proprio un tipo come lui.
Assolutamente da vedere in questo filmato di qualche anno fa.

Per la cronaca: dopo averlo visto sul palco del Festival di Sanremo, il Luca di Povia si è chiuso in bagno ed ha preso il muro a capocciate in preda al rimorso.

Riceviamo e pubblichiamo : la vera storia del cavallo di Catilina



L'avvocato Arsilio Pollione mi scrive su incarico di Massimo Giannini, cui avevo rimproverato tempo fa uno svarione apparso sul quotidiano La Repubblica:

"Ma che state a dì, ahoo? Anzi ahoo annava prima, ma fa gnente.. Che sarebbe che Giannini ha sbajato storia? Signori della Corte, abbiate pazienza. Qui ci sta un equivoco, un equivoco storico, cioè di quelli grossi, da manuale. Er cliente mio, er dottor Giannini, non ha mai parlato der cavallo de Catilina, quello de Roma antiqua, per intendeci de quanno ce stava er circo Massimo, i leoni, i jaguari, le berve, Moira Orfei, Cesare e tutti l' altri; sì, compreso Cicerone e puro Andreotti. None...Catilina è la fija der macellaro. Giggi er macellaro l'avrebbe battezzata Caterina Lina, ma in casa per spicciasse, che c'era fretta, la chiamavano Catilina, per via che era tanto mingherlina.... Na vorta la Befana je portò un cavalluccio de carta pesta. Tanto caruccio, che pareva vero. Che Catelina o Caterina, come volete, le si era tanto affezionata da parlacce tutto il giorno, peggio di come ora li regazzini fanno con Maria Filippica... E diceva sempre: "vedrai Rinuccio ( così si chiamava er cavallo) se non diventi un pezzo importante te, se non diventi minimo inginiere, professore o anco senatore... Te credi d'esse meno intellettuale te di tanti che stanno là seduti in senato? Che ce vole, basta solo saper arzare la mano, no?" Questa era una storia famosa ner quartiere de mi padre fin dall'inizi del secolo scorso. Certo che è antica, eccome, c'ha un sacco d'anni. Ergo, pertanto, in primis, chiedo che venga rettificato il voto di storia der mio assistito, dottor Giannini, da quattro (ma stamo a scherza'?) a un voto consono alla sua posizione sociale e giornaliera. Ci riterremo soddisfatti con un dieci, ma anche un nove meno in tempi critici ci starenne bene, tenendo conto der portamento der nostro assistito, der fisico, della postura che non c'è mejo brocco in giro. In suburdinis, venga fatta studiare a scuola, almeno in quella romana o laziale, la famosa storia anche de Caterina Lina, detta Catilina e der cavalluccio suo de carta pesta. A questo e non a altri, il mio assistito si indirizzava in quel articolo. Tanto è vero che er Presidente der Consiglio, da esperto storico antico, subito gli ha telegrammato per esprimere tutta la sua solidarietà, informandosi, per sopraggiunta, che fine avesse fatto er cavaluccio, se fosse disponibile per qualche posticino in Senato o altrove.

Arsilio Pollione, avvocato contumace


Ecco fatto, avvocato Pollione: pubblico integralmente la Sua lettera e ripristino l'onorabilità del Suo assistito. Per quanto, mi consenta, certe rettifiche tardive e poco verificabili mi sanno sempre di arrampicata sui vetri. Un po' come "la tua donna" che diventa "la Sorbona".

martedì 24 febbraio 2009

Cotto e mangiato


Essendo fuori stanza ho dovuto rinunciare a tutta la parte cruciale del Festival di Sanremo. Deo gratia.
Dal quel poco che ho orecchiato in giro non dev'essere stata una grossa perdita, anzi. A dirla tutta, io che ho amato visceralmente il favoloso mondo di Amelie e la signorina Carlo di Anna Marchesini, ho provato uno stranguglione postumo solo dopo aver scoperto la magica Arisa e la sua canzoncina minimalista che sa di latte e menta, di ciliegie e di paste di meliga.
Ecco, il tipo della foto qua sopra è un po' il suo pigmalione e scopritore. Si chiama Massimo Cotto: il nome ai più può dire ben poco, ma il suo è un curriculum vitae di tutto rispetto. Più che per le sue benemerenze artistiche mi piace però ricordarlo perché 1) è un mio concittadino ; 2) è praticamente mio coetaneo; 3) è intelligente, serio, preparato, semplice e simpatico ; e quello che si definisce "una gran bella persona". Di questi tempi e in quegli ambienti, scusatemi se è poco.

Cartoline

Questo è il paese dei Mediomatrici.




Questo è l'acquedotto che porta l'acqua alla città di Divodurum Mediomatricorum.





Questo è il tempio dove i mediomatrici si radunano per festeggiare il loro dio Toutatis, tracannando cervogia e ingozzandosi di teste di vacca.




Questa è la testa di vacca con cui si ingozzano i mediomatrici per festeggiare il loro dio Toutatis.




E questo sono io, con l'invidiabile silouhette acquistata tracannando cervogia e ingozzandomi con testa di vacca per tre giorni consecutivi.


giovedì 19 febbraio 2009

Si parte


Ci vogliono quasi cinquecento miglia per arrivare a Divodurum ed alle umide terre dei Mediomatrici. Il centurione dice che lassù le donne sono come uomini, gli uomini come leoni, e la gente come bestie. Esagera: io ci sono stato altre volte, e donne e uomini li ho trovati fieri ma cordiali, inaspettatamente allegri ed ospitali in quei boschi avari di sole. Divodurum è città bella e civile, ma noi ci fermeremo prima, in un luogo in cui la via interseca il grande acquedotto che la rifornisce di acque abbondanti e salubri. Lì sono usi a radunarsi i guerrieri Mediomatrici e quelli di altre tribù vicine come i Leuci e gli Elvezi del sud, i Remi di Ponente, i Treveri del Settentrione, per fare grandi feste in onore dei loro dei e per ubriacarsi fino a perdere i sensi. Al mangiare non badano molto, ma sono assai ghiotti delle teste di vacca private degli ossi e poi lungamente lessate entro grandi calderoni di bronzo fino a ridurle tenere come ricotta.
Il pensiero del viaggio un poco mi spaventa: non tanto per i suoi pericoli, quanto per la sua lunghezza e le grandi fatiche che comporterà. Lari e penati mi siano propizi, e lo sguardo amorevole di due occhi neri che mi sono cari non cessi mai d'accompagnarmi.
Avete atque valete.

Dubbi aretineschi



Una notizia bella e una brutta . La bella: il post dedicato allo svarione di Massimo Giannini su Catilina è stato citato nell'edizione on line di un celebre quotidiano nazionale. E sono soddisfazioni. La brutta : il celebre quotidiano nazionale è "Libero", che io amo come i cani amano i bastoni, o i gatti i vicentini. Non solo, ma la citazione è servita a dare la stura allo sbertucciamento di un giornalista che stimo, ammiro ed apprezzo.
Come la celebre suor Margherita, protagonista di uno dei "Dubbi amorosi" di Pietro Aretino che riporto in calce, non posso pertanto far altro che arrovellarmi tra l'essere contento ed il dispiacermi!


"Sul cazzo che rizzato avea fra' Carlo
giù dal balcon cascò suor Margherita;
le ruppe il cul, ma le salvò la vita.
Dovea perciò dolersi, o ringraziarlo?"




mercoledì 18 febbraio 2009

A furor di popolo



Visti i fatti recenti, gli apprezzamenti espressi nel post precedente, e tenuto conto dei miei gusti personali, credo che a Massimo Giannini si possa conferire il titolo di "Giornalistapocoferratoinstoriaantica più figo dell'anno". Un bell'applausoooooo!!!

martedì 17 febbraio 2009

Catilina?


Nell'articolo sull'esito delle elezioni regionali in Sardegna, Massimo Giannini , su Repubblica, dice giustamente che Berlusconi " può anche candidare il suo cavallo, come fece Catilina. Ma se poi è lui a corrergli in groppa, il traguardo finale è assicurato".
A momenti: giustamente? Io Catilina lo associo al bonazzo del dipinto qui riprodotto, che mi faceva sognare fin da ragazzino dopo averlo visto su un'enciclopedia, e che mi permise di imparare a memoria la mia prima frase in latino: " Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? ". Siccome tira più un pelo di figo che una coppia di buoi, partendo dal moraccione drappeggiato andai appresso, e mi appassionai alle vicende della sua Città e dei suoi concittadini.
Abbastanza da imparare che chi candidò senatore il proprio cavallo fu l'imperatore Caligola.
Massimo Giannini è etero, e di sicuro da ragazzino non fu turbato dalle visioni catilinarie: questo, almeno parzialmente, lo scusa. Però Massimo Giannini è il vicedirettore (immagino ben retribuito) di uno dei maggiori quotidiani nazionali, e certi errori che al liceo sarebbero costati un bel 4 non li dovrebbe fare, ecco!

PS: a scuola Catilina era comunque universalmente noto in quanto protagonita della raffinata maccheronea in versi leonini che allego :
Lucius Sergius Catilina
pulivit culum cum carta velina.
Cartam velinam laceravit
ditus in culo penetravit.

lunedì 16 febbraio 2009

Poi non ne parlo più, giuro


Torno sull'argomento solo perché ho visto questa bella vignetta. E' stato pubblicato il testo integrale della famigerata canzone, che conferma quanto anticipato e largamente annunciato negli ultimi mesi. Si tratta di un vero manifesto ratzi-nicolosiano redatto con toni dimessi e piagnucolosi, ma con spietata protervia e calcolatissima astuzia; l'una e l'altra occultate e mascherate in extremis con quella frase messa lì a fare da foglia di fico: "nessuna malattia, nessuna guarigione". Vabbè, il cantautore arrivato alla frutta avrà pensato di assicurarsi in questo modo una vecchiaia serena, fra un'esibizione in sala Nervi, un concerto al Family Day e una comparsata alla tombola benefica organizzata dalla parrocchia del Divino Amore; dal fondo del barile, del resto, non avrebbe potuto grattare niente di meglio. C'è da complimentarsi per la tempistica e per l'avvedutezza. Ciò che invece continua a colpirmi, e ad impressionarmi, è la mobilitazione appassionata ed esagitata di quanti sostengono a spada tratta la "libertà d'espressione" che secondo loro un Paese civile deve garantire a tutti, dal negazionista Williamson giù giù fino ai leaders politici che invitano ad usare la bandiera nazionale al posto della carta igienica. Ecco, mi piace immaginare le reazioni di questi paladini della Libertà se Povia avesse cantato "Luca era etero": la storia di un ragazzo nato e cresciuto in una famiglia perfetta, che si sposa senza amore spinto dagli obblighi sociali, che vive per anni oppresso dal disagio di una realtà in cui fa sempre più fatica ad identificarsi, e che infine l'amore lo trova, assieme alla serenità, alla realizzazione di se stesso e alla felicità, fra le braccia di un altro uomo. Ecco, mi piace immaginare le reazioni di Luca Volonté, del Moige, dei cardinali Bagnasco, Bertone e Tonini, della Mussolini, della Binetti; le interrogazioni parlamentari, le messe riparatrici, le manifestazioni davanti all'Ariston organizzate dal Movimento per la Famiglia e da Savino Pezzotta, i pensosi editoriali su "Avvenire" e quelli furiosi de "Il Foglio", le parole preoccupate del santo Padre all'Angelus domenicale sparate in apertura dei sei telegiornali nazionali...

domenica 15 febbraio 2009

Elio contro il logorio della vita moderna


Contro il logorio della vita moderna, quando anche un'autobotte di Cynar non basta più, l'unica soluzione è potersi fare una bella risata. "Perché il ridere soprattutto è cosa umana", come diceva Rabelais, e perché com'è noto sarà una risata a seppellirli. Prendi Povia e la canzone che canterà all'imminente Festival di Sanremo; prendi le infinite polemiche ora surreali ora becere che l' hanno accompagnato in queste settimane; prendi i fiumi di inchiostro (certamente degni di miglior causa) tracimati un po' ovunque esclusivamente per lui; prendi le infinite risse verbali e virtuali che come al solito si sono scatenate tra chi lo considera un emblema della libertà d'espressione e fra chi lo vorrebbe a cavallo di una trave ben irrorato di pece e cosparso di piume.
Manco con il Cynar se ne poteva venire a capo. Ma per fortuna Elio e le Storie tese hanno provveduto a dirimere la questione tranciando il nodo gordiano di "Luca era gay" con la sola arma che avesse un senso: lo sberleffo. Uno sberleffo in forma di canzone, assolutamente da vedere per la mimica spassosa, e da gustare per la musichetta trascinante tra il goliardico ed il popolaresco. Anche se non partecipano, per me il Festival lo hanno vinto loro. E pensando a quanto mi sono fatto il sangue cattivo per causa di Povia, di Luca e di chi ce l'ha mannati , adesso canticchio le strofette di Elio per motivi terapeutici: il riso fa buon sangue!

Trascrivo il testo di "Povia canta Luca era gay"

Ho cantato una canzone per i bimbi del Darfour
guadagnando tanti soldi con il disco e con il tour.
Ma gliene ho dati solo un po'
perché ho avuto problemi di liquidità
e così...e così...e così...
ce li ho quasi tutti qui!
Poi ho scritto una canzone sul piccione viaggiator
gli ho affidato un messaggino per i bimbi del Darfor
ma forse non si capirà, perché scrivo con difficoltà
tanto io 'sti soldi non li ho più
non ditelo a Youssou N'Dour!
Gay-ho! Gay-ho! Gay-ho!
Gay-ho, gay-ho, e Luca vuol cambiar!
Gay-ho, gay-ho, la donna vuol provar!
Gay-ho, oh oh oh non lo sapete che Luca era gay e forse anche il piccione;
era un nome inventato ma adesso si è sposato
ritrovando la serenità!
Po-po-povero gay, po-po-po-povero gay, po-po-po-pero po-ro-po-povia era gay
Oh guarda, 500 lire per terra! ( scenetta a novanta gradi, ndr) OH NOOOO!
Perché Luca era gay, ma ora è guarito!

venerdì 13 febbraio 2009

Queer valentine


Si si, ok, non bisognerebbe scimmiottare una festa tradizionalmente e marcatamente etero come quella di San Valentino, che oltretutto è già stucchevole di suo con tutti quei cioccolatini e cuoricini e regalini e ristorantini.
Si si, ok, in un anno ci sono altri trecentosessantaquattro giorni per essere romantici, sentimentali e dolci con il proprio partner.
Si si, ok, è la solita furbata inventata per dare ossigeno al commercio, come la festa della mamma, o del papà, o dei nonni, o degli zii, o dei cugini di secondo grado: e noi, gonzi, ci caschiamo.
Io del resto quando avevo vent'anni ( ma anche quando ne avevo venticinque) la sera di San Valentino la passavo al bar Roma con Franco detto Cetaceo e con il Bagonghi, a sbertucciare gli altri amici tirati a lucido che con aria afflitta passavano a prendere un caffè prima di andare a fare il proprio dovere di fidanzatini modello con le rispettive morose.
Ma c'è un problema: i nostri erano sbertucciamenti di sfigati che cercavano in questo modo di esorcizzare le proprie tristezze, in quel giorno più pungenti del solito. Cetaceo e il Bagonghi, beh, è facile intuire perché fossero schifati da tutte le ragazze del circondario; per quanto riguarda me, che alle ragazze piacevo anche troppo, dopo un' infelicissima esperienza ero io a tenermene accuratamente alla larga. Poi a ventisette anni le cose cambiarono: Cetaceo dimagrì, il Bagonghi riuscì a curare l'acne seborroica ed io conobbi Luca. Il tempo della pucciosità e delle melasse adolescenziali era ormai passato per sempre: poco male, ma io non ebbi mai occasione di intingervi anche solo un polpastrello per sentirne il sapore almeno di sfuggita. E sarà un po' per questo motivo ( beh, poi uno ci nasce anche) che mi è rimasta dentro questa attrazione per lo zuccheroso ed il caramelloso; e sarà un po' per questo motivo che mi intenerisco al pensiero di un San Valentino vissuto comme il faut : in modo smaccatamente iperglicemico.
Una notizia buona e una cattiva: la buona è che il mio amore apprezza la tenerezza quanto me, ed insieme possiamo tentare di riscuotere gli arretrati di quanto ci fu negato in gioventù; la cattiva è che il mio amore non è qui, e che passeremo San Valentino lontani uno dall'altro.
Il regalino che gli mando è questa bella canzone, e soprattutto il tenerissimo filmato che l'accompagna. L'una e l'altro la dedico anche a tutti coloro che non hanno paura della dolcezza, nè del romanticismo; a coloro che coltivandoli e praticandoli non hanno paura di sembrare meno uomini.

lunedì 9 febbraio 2009

Però...





...ho disperatamente bisogno di un abbraccio

Da leggere


Cosa succederà, adesso? La morte di Eluana farà venir meno l'urgenza parossistica che ha caratterizzato l'attività parlamentare di questi ultimi giorni, o al contrario la rafforzerà sull'onda della montante isteria collettiva che sembra pervadere una parte delle forze politiche?
Io mi auguro che, ormai liberato dall'oppressione e dalla strumentalizzazione del caso mediatico, il dibattito sul "testamento biologico" ( che è poi il dibattitto sulle libertà fondamentali dell'individuo) possa continuare in modo civile e proficuo; ma con l'aria che tira temo si tratti di una pia illusione.
Ho scovato il recentissimo intervento pronunciato da Umberto Veronesi in Senato; lo pubblico, ed invito a leggerlo. In questi momenti di barbarie è un' esemplare esercizio di civiltà.


Signor Presidente, cari colleghi, in questi mesi, come è mia abitudine, ho molto ascoltato. Ma oggi mi sento moralmente in dovere di prendere la parola. Vi parlo per ciò che sono io, per quello che rappresento per i cittadini: un medico, un uomo di scienza che, per più di cinquant'anni, è stato vicino ai malati di cancro (che ha aiutato a guarire e a vivere a lungo, molto a lungo), ma vicino anche alla sofferenza, al dolore, alla morte.

Per questo da molti anni ho lanciato il movimento per il testamento biologico e, su questo argomento, ho scritto quattro libri (non uno, ma quattro libri), per un totale di duemila pagine. Perché il tema è complesso, è difficile, è delicato. Per questo sono sconvolto oggi.

Sono sconvolto dalla singolare, direi assurda, procedura cui stiamo assistendo. Una legge dello Stato, che riguarda la libertà individuale, verrebbe sbrigativamente decisa sull'onda delle emozioni sollevate da un caso mediatico. Perché questo è il caso di Eluana: un caso mediatico. Perché non ha nulla di diverso, dal punto di vista scientifico e umano, da altri centinaia di casi di coma vegetativo permanente nel nostro Paese, di cui nessuno si occupa. Dietro a una legge emanata per Eluana non ci sarebbe, dunque, né logica, né razionalità, ma essenzialmente un'onda emotiva, che per sua natura è passeggera e, soprattutto, è una cattiva consigliera.

Non c'è dubbio che il caso di Eluana sia stato accompagnato da una pessima informazione. Ma questo non è un alibi per evitare di affrontare lucidamente il problema. Si tratta di un problema di civiltà, che riguarda l'invasione della tecnologia medica nella vita umana. Mi trovo d'accordo con il filosofo cattolico, cattolicissimo, Giovanni Reale, quando vede nel caso di Eluana - sono sue parole - un abuso da parte di una civiltà tecnologica che vuole sostituirsi alla natura.

Quando avverte che si è perduta la saggezza della giusta misura e la Chiesa e il Governo sono vittime di questo paradigma dominante, che vorrebbe tenere in vita Eluana contro la natura e, infine, quando cita Papa Wojtyla, che, rispondendo ai medici che gli offrivano di continuare a curarlo, disse: «Lasciatemi tornare alla casa del Padre».

Vedete, mantenere insieme un complesso di organi e cellule in una vita artificiale è un atto contro natura: oggi, tecnologicamente la medicina è in grado di mantenere in stato vegetativo un corpo senza attività cerebrali quasi all'infinito, ma il fatto che lo si possa fare tecnicamente, non significa che lo si debba fare eticamente.

Penso sia una mostruosità e come me la pensano migliaia e migliaia di cittadini, terrorizzati dalla prevaricazione violenta della medicina tecnologica nella propria vita. Lo dico da uomo di scienza: la tecnologia non ha limiti in sé e se noi, la società e le sue istituzioni non ci impegniamo a tracciare questi limiti rispetto alla vita dell'uomo, chi mai lo potrà fare?

Conosco bene la normativa italiana sul diritto di cura, perché ogni giorno la applico e la vivo insieme ai miei medici e ai miei malati: la nostra legge garantisce la possibilità di rifiutare ogni trattamento, anche di semplice sostegno, come le trasfusioni di sangue e la nutrizione artificiale; abolire questo dritto sarebbe un atto molto grave, che minaccia alle radici il principio di libertà individuale, base irrinunciabile delle democrazie moderne. Voglio pertanto fare un appello alla ragione e alla coscienza di tutti noi e di tutti voi, in quanti membri del Senato, vale a dire di questa Camera alta, di questa istituzione a cui la gente guarda come un punto fermo nella confusione dei momenti di crisi.

Ma




Ma il peggio deve ancora arrivare, anche se in meno di un'ora si sono già scatenati gli sciacalli, le iene, gli avvoltoi, gli insetti stercorari. Quagliariello, quel cardinal Barragan Comesichiama, Gasparri, Alemanno, Cicchitto, Emilio Fede, uno più rabbioso e ululante dell'altro. Sono sconvolto da questa furia, sono sconvolto dalle loro atroci mistificazioni che continuano come e peggio di prima, sono sconvolto dalla loro violenza talebana che non tace nemmeno in questo momento; un momento in cui solo il silenzio avrebbe senso. Si, Eluana ha vinto; noi, annichiliti e come inebetiti davanti a questa montante marea d'odio, stiamo soccombendo.



Eluana ha vinto


Ha vinto. Per tutti noi.

sabato 7 febbraio 2009

Qualcosa non quadra

Il catechismo della religione cattolica, punto 2278.

"L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'« accanimento terapeutico ». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente."


E allora perché stanno facendo tutto questo?

venerdì 6 febbraio 2009

Lo ha detto! Lo ha detto davvero!!!



Berlusconi: "Ogni sforzo per non farla morire. Eluana potrebbe fare figli".

Berlusconi: "Se non ci fosse la possibilità di ricorrere ai decreti tornerei dal popolo a chiedere il cambiamento della Costituzione e del governo".

Aiuto! Qualcuno lo fermi!

Aggiornamento, mai così condivisibile.

Da Malvino:

ROMA - Il consiglio dei ministri ha approvato, all’unanimità ma dopo una lunga discussione, un decreto legge sulla vicenda di Eluana Englaro. Lo si apprende da fonti governative. (ansa.it, 6.2.2009 – 14,18)

Come ve lo immaginavate, voi, un golpe? Coi blindati per le strade, il coprifuoco e gli arresti in massa? Avete visto troppi film.

giovedì 5 febbraio 2009

Sempre peggio


Finirà mai questo crepuscolo? E se si, si trasformerà in una tenebra definitiva o in una doverosa premessa di una nuova alba? Oggi l'ok alle ronde padane ( purché non armate, eh? Solo forconi, mazze da baseball e spranghe). E l'obbligo di delazione per i medici ( ma il giuramento di Ippocrate?) . Infine, ciliegina sulla torta, la bozza di decreto pomposamente definita "sul testamento biologico", in realtà estremo escamotage per bloccare definitivamente la volontà di Eluana Englaro e per rabbonire un Vaticano pazzo di rabbia ma non per questo disposto a mollare l'osso polposo del controllo finora esercitato sulla società italiana. Non so se la bozza diventerà esecutiva: credo di si, vista la risolutezza con cui si sono mosse le panzerdivision del papa e la celerità con cui il Governo italiano ha risposto. Resta il fatto che oltre il 70% degli italiani è contrario a questo abuso, e sta dalla parte di Beppino Englaro. Se davvero andranno fino in fondo, se davvero calpesteranno il libero arbitrio in maniera così indecente, la loro sarà una vittoria di Pirro che costerà molto salata.

Amici delle squinzie


Una squinzia bionda di mia conoscenza, di quelle che girano anche a Gennaio con i jeans ginecologici e con l'ombellico de fori, ha coronato un vecchio sogno ed è andata a vedere gli amici di Maria nella lontana Roma, e a fare tifo sfegatato assieme ad altre squinzie per la squadra dei blu. Le squinzie bionde o sono insopportabili o sono tostissime; quella di mia conoscenza è non solo tostissima, ma anche simpatica e pure intelligente. Mi auguro abbia voglia, una volta a casa, di scrivere una dettagliata relazione sull'esperienza.

mercoledì 4 febbraio 2009

Poto, dove sei?

Da questa mattina se cerco di entrare nel blog di Poto mi si avverte non solo che tale blog non esiste, ma che addirittura il nome è registrabile da chiunque altro. Ora, siccome i racconti potori ed il loro autore/interprete sono una delle 147.319 cose per cui vale la pena vivere, sono decisamente preoccupato. Qualche anima buona è in grado di spiegarmi cosa è successo?

martedì 3 febbraio 2009

Povia? Tiè!!


Repubblica dà le pagelle alle canzoni del Festival di Sanremo: ecco la valutazione della ormai celebre canzone di Povia.

"Che infelicità essere gay. Di cosa parla ormai lo sanno tutto. Noi l'abbiamo anche ascoltata, e il problema è che si tratta di un pezzo davvero brutto. Il rap non si addice a Povia. E neanche la canzone a tesi. Troppa foga di dimostrare qualcosa di cui non si sentiva il bisogno.
Voto: 1 "