lunedì 9 novembre 2009

Appunti di viaggio- la Javanaise

Non importa la durata, non importa la meta, non importa lo scopo: un viaggio, per essere veramente tale, va fatto prima di tutto nell'anima. Due giorni mordi-e-fuggi in Francia per lavoro possono ridursi a replicare il mortificante tran-tran delle solite fatiche; ma se si trova la chiave giusta possono essere un viaggio. Solitario ma non solo, questa volta: sarà per questo che la chiave l'ho trovata quasi subito in questa canzone ascoltata quasi subito appena varcata la frontiera.
Nella sua svagata tristezza, nel suo sfumato rimpianto, nella sua affettuosa atmosfera autunnale mi sono subito riconosciuto; ho trovato il sapore di questi miei giorni senza disperazione, non avari di gioie ma non prodighi di speranze.



La vie ne vaut d'etre vécue sans amour
Mais c'est vous qui l'avez voulu mon amour
Ne vous déplaise
En dansant la Javanaise
Nous nous aimions
Le temps d'une chanson.


"Non vale la pena vivere la vita senza amore. Ma sei tu che l'hai voluto, amore mio. Non ti dispiaccia. Ballando la Javanaise ci siamo amati
per il tempo di una canzone." Di una bella canzone, per di più.

Il ragazzo che vende selezioni di té pregiati ha l'aria avvilita di chi scopre di aver fatto male i suoi calcoli; ma dalla colta e cosmopolita Lione non immaginava che in questo lembo di Francia profonda e un po' zotica dove ci siamo trovati uno accanto all'altro la gente è affezionata senza cedimenti a quella brodaglia chiamata "petit café". In un momento di tranquillità gli ho chiesto di vendermi qualcosa dei suoi tesori. E di parlarmene. Ha cominciato ad aprire scatoline e sacchetti con aria furtiva, porgendomele esitante per farmele annusare, arrossendo perfino un po', come se sottoponesse al mio fiuto parti nascoste della sua epidermide. E' grazioso nei suoi modi impacciati da timido, nel suo parlottare sommesso ed un po' bofonchiante. Da una delle scatoline aperte all'improvviso si sprigiona come un afrore di vecchio camino fuligginoso. Non conoscevo il Lapsang Souchong, e rimango conquistato dall'odore fumoso di torba e di wisky stravecchio, di sigaro toscano spento e di aringhe. Ne compro un bel pò, il prezzo mi sembra ottimo, per cinque euro me ne riempie un sacchetto grosso così e mi fa un sorriso tutto per me, di quelli che non hanno prezzo. Me lo preparo appena arrivato a casa, e lo faccio come piace a me, ben carico e con una lunga infusione. Ha dopo le prime note un po' untuose che sanno di speck e di würstel, rivela un sapore decadente e misterioso di incenso e di fumeria d'oppio , di ripostiglio pieno di damaschi polverosi e di vecchie baldracche parigine arrochite da troppe Gauloises. E di sacrestia tirata a lucido, di fondaco, di Oriente e di sgabuzzino delle scope. E' un flash, non ricordavo da tempo sensazioni gustative così potenti nell'evocare suggestioni, sensazioni, ricordi. E mi accorgo che è un po' come la canzone di Serge Gainsbourg, come le sue atmosfere di stanze in penombra e di letti sfatti, di alberghetti male in arnese e di decorose, ma tetre case di banlieue.

10 commenti:

ribaldo ha detto...

Bello, bello, bello!
complimenti!

Poto ha detto...

E io che bevo quasi solo Earl Grey?!
Che poco tea-addicted che sono...

Pussyriot Beaverhausen ha detto...

Per averti fatto fare i viaggi che hai fatto, sei sicuro che quello che ti ha venduto fosse proprio tè?
A parte scherzi, goditi la sensazione e magari aggiungi al mix un tocco di fuliggine meneghina (manie di protagonismo...).

lavecchiaMarple ha detto...

Ahiahiahiahi: gravissimo non conoscere il lapsang souchong!!! Spero lo abbia bevuto puro, senza aggiungere nulla.

Marco Boccaccio ha detto...

ah, la javanaise, secondo me una delle canzoni più belle in assoluto: con quei controtempi, con quel ritmo che fluisce e sembra non dover finire mai, e con quelle parole...
il lapsang souchong lo scoprii trent'anni fa (so' vecchio, eh?) attratto dal nome, così cinesemente misterioso, come gli aromi che sprigiona. misterioso come appunto il fascino della canzone ginzburghiana: perfetto abbinamento, monsieur!

Rosa ha detto...

Me ne prepari una tazza?
Voglio abbandonarmi anche io alle atmosfere così magicamente evocate dalla tua penna...

Joshua ha detto...

Se lo prepari a Rosa mi aggiungo anche io :)

SkraM ha detto...

e a noi altri? non va mica bene! anche noi vogliamo deliziarci di tale infuso!

urge un tea reunion! (ma lo avro scritto correttamente? bho :D )

tutti seduti su cusini intorno a un tavolo basso tipicamente orientale e con te come gran maestro cerimoniale alle prese con la preparazione di questo tea dal sapore segreto e lontano

urge un tea

Edgar ha detto...

sembra che io sia rimasto l'unico cui non piacciono le bevande calde.
per niente proprio.
oddio, in realtà mi piacciono molto gli aromi che emanano e che mi riempiono la mente di ricordi (magari belli come quelli da te magistralmente descritti), ma berle proprio no...

Anonimo ha detto...

Sposami.

Davide