Questa volta il lavoro mi porta lì, in una città che amo ma che per tutta una serie di concause ho visitato una volta sola nella vita. All'epoca ero un ragazzino appena diciottenne, timido ma avventuroso; lei una metropoli bellissima e disperata. Ci rimasi una settimana, dormendo dove capitava con un'incoscienza che oggi, forse, non sarebbe più perdonata. E i ricordi sono ancora vivissimi e intatti. Ricordi di interminabili camminate sotto la callaccia agostana, di emozioni e di scoperte, di folgorazioni e di stupore. Circo Massimo deserto e infuocato, Caravaggio a San Luigi dei Francesi, piazza Navona di notte con Maga Maghella che teneva banco e io non sapevo nemmeno chi fosse, l'Aracoeli ed il portico d'Ottavia, il soffio dolciastro e levantino del Tevere, le pantegane che scorrazzavano indisturbate in via Margutta, le infinite scritte rosse e nere sui muri del Tiburtino, la camerierona flemmatica vicino a Campo dè fiori che mi aveva preso in simpatia e mi dava razioni smisurate : "Magna cocco de mamma, passerotto de zia, magna che sei magro come un chiodo, magna, magna!". E poi Lui, e fu il primo. Leggeva "Cent'anni di solitudine" ad una fermata del tram, ed i nostri sguardi si incontarono e si fusero per un attimo interminabile. Il tram passò, ma nessuno di noi due salì. Lui era forse più grande di me, ma più delicato nella sua aria sognante e romantica, nella bocca socchiusa e negli occhi grandi e stellanti. Io avevo l'aria da duro che assumono i contadini quando arrivano in città decisi a vendere cara la pelle. Ci inseguimmo per un intero pomeriggio, braccandoci l'un l'altro come cacciatori inesperti ma tenaci; lui avventuroso ma timido come me, e come me in attesa di un gesto, di una parola che avesse sbloccato lo stallo di quella taciturna partita a scacchi . Col passare dei minuti cresceva il desiderio, e con esso la disperazione nel constatare che sia io sia lui eravamo incapaci di quel gesto, di quella parola.
La nostra caccia reciproca ci portò verso sera alla fermata del tram da dove era iniziata: evidentemente s'era fatto tardi, e Lui doveva tornare a casa. Lo avrei seguito su quel tram; lo avrei seguito in capo al mondo. Arrivò un signore sulla quarantina, con una valigetta in mano, che lo apostrofò con allegria: "Ciao Robbè! Che ci fai qua?". Si chiamava Roberto, dunque. E rispose: "Ciao papà, ho fatto tardi e sto rincasando". "Bene-rispose il signore- così si fa la strada insieme!".
Arrivò il tram e salirono. Io no. Roberto salì per secondo, e si girò a mandarmi un lungo sguardo addolorato, stringendosi nelle spalle come per dire :"Perché siamo così scemi?". Io gli sorrisi, e distesi la mano in un cenno di saluto altrettanto addolorato e altrettanto definitivo. Fu la prima volta in cui stabilii un contatto, sia pure fugace, con qualcuno che ricambiava in uguale misura quello che avevo dentro; e ci si adattava come la noce in un guscio. E di quel Roberto che fece così tanto per me non mi rimane che l'immagine di un volto incantevole, ed il nome che non ho più dimenticato.
"Stat rosa pristina nomine,
nomina nuda tenemus".
La nostra caccia reciproca ci portò verso sera alla fermata del tram da dove era iniziata: evidentemente s'era fatto tardi, e Lui doveva tornare a casa. Lo avrei seguito su quel tram; lo avrei seguito in capo al mondo. Arrivò un signore sulla quarantina, con una valigetta in mano, che lo apostrofò con allegria: "Ciao Robbè! Che ci fai qua?". Si chiamava Roberto, dunque. E rispose: "Ciao papà, ho fatto tardi e sto rincasando". "Bene-rispose il signore- così si fa la strada insieme!".
Arrivò il tram e salirono. Io no. Roberto salì per secondo, e si girò a mandarmi un lungo sguardo addolorato, stringendosi nelle spalle come per dire :"Perché siamo così scemi?". Io gli sorrisi, e distesi la mano in un cenno di saluto altrettanto addolorato e altrettanto definitivo. Fu la prima volta in cui stabilii un contatto, sia pure fugace, con qualcuno che ricambiava in uguale misura quello che avevo dentro; e ci si adattava come la noce in un guscio. E di quel Roberto che fece così tanto per me non mi rimane che l'immagine di un volto incantevole, ed il nome che non ho più dimenticato.
"Stat rosa pristina nomine,
nomina nuda tenemus".
10 commenti:
sognante...
Byb, però la patacca della citazione da "Il nome della rosa" potevo evitarla, eh? ;-)
potevi, ma è lasciata lì quasi per caso, come dimenticata, quasi quasi ci sta.
D'accordo con byb... e poi nel verso originale a cui si riferisce Eco, invece di 'rosa' c'è 'Roma' e quindi direi che tutto magnificamente torna... (sì, sognante è la parola giusta)
Thrasùs, sai che volevo davvero scrivere "Roma" come nel verso originale? Ma poi pensavo che la citazione diventasse troppo compiaciuta e troppo poco ...citazionista. Così ho lasciato perdere ed ho strizzato l'occhio a Guglielmo da Baskerville.
l'ho letto tre volte e non mi stanco...complimenti gan :)
Hai fatto sognare anche me...
Così tanto che non mi sono manco accorta della citazione :)
Che bello! Che storia ROMAntica! Ha intenerito anche una vecchia capra come me!
Avrò modo di esprimere la mia opinione su questo post in separata sede.
Non lo sapevo. Di peregrinazioni adolescenziali in altre città ero al corrente...ma non di quella a Roma, e di questo Roberto.
Posta un commento