"Non è operabile. Le metastasi hanno invaso tutto l'intestino. Per questo ha la pancia così gonfia. Non ho mai visto una roba simile".
La veterinaria è così giovane che non riesce ancora ad esibire il distacco richiesto dalla sua professione. Sfiora la testa della povera Lisa con una breve carezza, tanto trattenuta quanto commossa. "Se vuole posso...aiutarla ad andarsene". "Soffre molto?" le chiedo. "Non avverte dolore. Ma ormai sa che è arrivato il momento. " Lisa è sdraiata sul fianco e guarda nel vuoto, ormai indifferente a tutto. La fisso negli occhi. Io e lei ci capiamo, dopo undici anni passati insieme. Lei è stata l'unica testimone delle mie lacrime più segrete. Si accorge di me, socchiude gli occhi e prova ad emettere una voce. Ne esce appena uno sfinitissimo sospiro. "No" , rispondo alla veterinaria, "No, grazie. Morirà in casa sua. Morirà da quella gatta libera e fiera che è sempre stata." Lisa la trovai io undici anni fa in fondo alla legnaia, ed era poco più di un batuffolo di pelo color caffelatte. Era con la madre, una randagia nera e irsuta e demoniaca arrivata lì da chissà dove. Quella specie di belva, dopo aver dimostrato a soffi, a ringhi e ad artigliate cos'era in grado di fare, accettò un po' di latte, poi un po' di pane e la ciotola di croccantini. Rimase lì tre giorni, sempre soffiando e ringhiando, poi al quarto sparì. E lasciò lì il batuffolino di pelo, ringhiante e soffiante pure lui, ma assai meno credibile e temibile della madre. Dopo qualche mese era diventata la padrona della casa, la tiranna delle nostre notti e dei nostri risvegli, la distruttrice delle tende e delle poltrone, ma anche la dispensatrice benefica di quel magnetismo sulfureo proprio dei gatti della sua razza. La porto via così e la metto in macchina su una vecchia coperta, non serve la gabbietta, se ne sta sempre accuciata girata sul fianco, triste. Non si lava da giorni, ha il pelo scarruffato e sciupato come erba secca in uno spartitraffico di periferia.
A casa riprende possesso della sua cuccia. Non mangia quasi più, lecca a fatica un po' di latte dalla sua ciotola. Domenica e Lunedì non si muove praticamente per tutto il giorno, incapace di vincere il torpore che la inchioda. Quando sentono di essere alla fine, i gatti cercano un ultimo nascondiglio, come se non volessero farsi scovare dalla morte. Lisa è partita per il suo ultimo viaggio Lunedì notte. Ha raspato un po' alla porta per farsi aprire, ed ha puntato decisa verso la vigna, la testa e le orecchie ben dritte, il passo sicuro e ostentatamente enfatico. Ho capito che andava a morire. Ieri sera ho poi visto per caso un nugolo di mosconi alzarsi dal fondo della legnaia. Lei era là, sdraiata su un fianco, con gli occhi chiusi e quella specie di sorriso che hanno i gatti quando si godono il sonno. Era andata a cercare il suo Omega nel punto esatto dove aveva trovato l'Alfa.
La veterinaria è così giovane che non riesce ancora ad esibire il distacco richiesto dalla sua professione. Sfiora la testa della povera Lisa con una breve carezza, tanto trattenuta quanto commossa. "Se vuole posso...aiutarla ad andarsene". "Soffre molto?" le chiedo. "Non avverte dolore. Ma ormai sa che è arrivato il momento. " Lisa è sdraiata sul fianco e guarda nel vuoto, ormai indifferente a tutto. La fisso negli occhi. Io e lei ci capiamo, dopo undici anni passati insieme. Lei è stata l'unica testimone delle mie lacrime più segrete. Si accorge di me, socchiude gli occhi e prova ad emettere una voce. Ne esce appena uno sfinitissimo sospiro. "No" , rispondo alla veterinaria, "No, grazie. Morirà in casa sua. Morirà da quella gatta libera e fiera che è sempre stata." Lisa la trovai io undici anni fa in fondo alla legnaia, ed era poco più di un batuffolo di pelo color caffelatte. Era con la madre, una randagia nera e irsuta e demoniaca arrivata lì da chissà dove. Quella specie di belva, dopo aver dimostrato a soffi, a ringhi e ad artigliate cos'era in grado di fare, accettò un po' di latte, poi un po' di pane e la ciotola di croccantini. Rimase lì tre giorni, sempre soffiando e ringhiando, poi al quarto sparì. E lasciò lì il batuffolino di pelo, ringhiante e soffiante pure lui, ma assai meno credibile e temibile della madre. Dopo qualche mese era diventata la padrona della casa, la tiranna delle nostre notti e dei nostri risvegli, la distruttrice delle tende e delle poltrone, ma anche la dispensatrice benefica di quel magnetismo sulfureo proprio dei gatti della sua razza. La porto via così e la metto in macchina su una vecchia coperta, non serve la gabbietta, se ne sta sempre accuciata girata sul fianco, triste. Non si lava da giorni, ha il pelo scarruffato e sciupato come erba secca in uno spartitraffico di periferia.
A casa riprende possesso della sua cuccia. Non mangia quasi più, lecca a fatica un po' di latte dalla sua ciotola. Domenica e Lunedì non si muove praticamente per tutto il giorno, incapace di vincere il torpore che la inchioda. Quando sentono di essere alla fine, i gatti cercano un ultimo nascondiglio, come se non volessero farsi scovare dalla morte. Lisa è partita per il suo ultimo viaggio Lunedì notte. Ha raspato un po' alla porta per farsi aprire, ed ha puntato decisa verso la vigna, la testa e le orecchie ben dritte, il passo sicuro e ostentatamente enfatico. Ho capito che andava a morire. Ieri sera ho poi visto per caso un nugolo di mosconi alzarsi dal fondo della legnaia. Lei era là, sdraiata su un fianco, con gli occhi chiusi e quella specie di sorriso che hanno i gatti quando si godono il sonno. Era andata a cercare il suo Omega nel punto esatto dove aveva trovato l'Alfa.
Non si piange per un gatto. Non sta bene. Dopo averla seppellita in un angolo che conosco solo io , ho messo su questa meravigliosa canzone, ed ho trasformato le lacrime nei lunghi brividi che mi provoca ogni volta. L'ho ascoltata fino allo sfinimento, e non solo per Lisa.
Altri brividi, ancora, questa sera: quando vedo il commento del Bardo Swift, che di quella canzone conosce il segreto, e ne è l'unico depositario.
Altri brividi, ancora, questa sera: quando vedo il commento del Bardo Swift, che di quella canzone conosce il segreto, e ne è l'unico depositario.
17 commenti:
:-*
(Si piange per qualsiasi cosa ne valga la pena)
:-*
:-*
:-*
Vorrei essere lì con te e rabbrividire al tuo fianco...
@ Poto: lo penso anch'io. Ma adesso che non c'è più Lisa, chi se ne renderà più conto?
@ Rosa: ci sei. Bentornata.
dei miei gatti ti ho detto, tu almeno hai avuto modo di sotterrarla.
Un bacio sul musetto, signor lupo.
Ha voluto andare a morire proprio là dove, probabilmente, era nata: visto che non soffriva, è stato un bene che tu abbia deciso di portarla a casa.
Un abbraccio
Se proprio scemo.. mi hai fatto piangere... e io non devo piangere. mai. Ufff! Anche lei era un fiore d'aglio.
Avevo una gatta tempo fa, si chiamava Lilli, il suo fianco triste era quello che appoggiava sulle mie gambe, il suo lato triste quello che strusciava dappertutto depositando il suo odore che le ricordasse la strada, le sue cose. Le ultime sere mi spettava fuori casa, faceva il giro dell'isolato andando per giardini e mi aspettava dietro il cancello dell'entrata. L'ultima sera mi ha aspettato dietro un vaso di fiori, ormai era una lisca di pesce sul pavimento, una buccia che da li a poco sarebbe stata della terra.
"Di domenica non si muore" le dicevo, "non si muore"... ha scelto il lunedi mattina, ha seguito mia mamma sul terrazzo trascinando il suo corpo, ormai una radice secca pronta a bere l'ultima goccia di linfa rimastale, ha aspettato che io uscissi a vedere e mi è morta tra le braccia con un ultimo spasmo, il suo commiato, e una piccola lacrima, un deliquio sottile ed eterno, che ci faceva capire quanto ci avesse amato.
Mi dispiace tanto... uff.. non piangere!
p.s.; l'anonimo del 6° commento ero io
LVM
Grazie di averci reso partecipi di questo tuo momento così triste...
In fondo è consolante poter condivdere questo con la tua famiglia di affetti internettiani,no?
E sai che vieni ripagato con tutto l'affetto di cui siamo capaci!
Ricordo ancora il giorno che l'ho "conosciuta", hai parlato di lei mentre descrivevi la vestizione del Capitano di ventura in partenza per la vendemmia. Era la tua principessa, quella a cui dare un bacio, perché si bacia sempre qualcuno quando si parte.
I gatti sono come fratelli, figli, insomma persone di famiglia, è giusto esserne tristi quando non ci sono più, in special modo se ti hanno riempito alcuni vuoti che la vita produce. Che riposi in pace
No, Lisa!
Se è il lutto più grave a cui sei sopravvissuto, condoglianze.
il mio vecchio cane, briciola è stata con me dai 3 ai 25 anni. se ne è andata di notte. sono passati 9 anni, ho un bimbo e ancora gli faccio vedere le sue foto. spero capirà l'amore che ha donato a me mio padre mia madre.
@ Anelli: ma non è mica un lutto, questo. E' la perdita di un elemento che in qualche modo ha contrappuntato un periodo non trascurabile della mia vita.
Gan, appunto, è una perdita, è un lutto.
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