Noto con OVVOVE come alcuni capisaldi a cui è abbarbicato il romanticismo che la mia generazione ha creduto a torto o a ragione di praticare, non solo non sono affatto condivisi dai marmocchi mocciosi delle più recenti, ma ne risultano bellamente ignorati e sbertucciati. Al punto che un marmocchio moccioso arriva a chiedersi se il "Que reste-t-il" riportato nel post precedente l'abbia per caso scritto io. Ma si può? No, dico: ma si può? Oltretutto è una canzone talmente famosa che non posso nemmeno tentare di bullarmela per far colpo sul predetto, magari dicendo " Tu vois, mon petit chou, a tempo perso mi diverto a schiccherare qualche lirica in francese. Ma robetta, eh?".
Sarei sgamato subito, e giustamente, sacrosantemente messo alla berlina.
E allora si sappia che il testo è di una celeberrima canzone di Charles Trenet, a sua volta celeberrimo chansonnier e paroliere francese che calcò le scene dal 1930 fino a poco più di un decennio fa. Di tutti i suoi innumerevoli successi, " Que reste-t-il" è uno dei più celebri e celebrati. Anche se pochi sanno si tratti di una canzone a tematica gay, che l'autore, gay lui stesso, dedicò alla malinconia dei tanti, dei troppi amori sbocciati fra uomini e rivelatisi presto o tardi impossibili.
Delle tante versioni esistenti, propongo quella di Dalida sapendo di fare cosa gradita al mio Canarino.
9 commenti:
Mio caro Ganazzo, le nuove generazioni hanno plasmato il loro romanticismo su canzoni della Madonna con titoli tipo "Give It To Me", non so se mi spiego...
What are you waiting for?
Nobody’s gonna show you how
Why work for someone else
To do what you can do right now?
Got no boundaries and no limits
If there’s excitement, put me in it
If it’s against the law, arrest me
If you can handle it, undress me
Don’t stop me now, don’t need to catch my breath
I can go on and on and on
When the lights go down and there’s no one left
I can go on and on and on
Give it to me , yeah
No one’s gonna show me how
Give it to me, yeah
No one’s gonna stop me now
Ma anche...
Ci fanno compagnia certe lettere d'amore
parole che restano con noi,
e non andiamo via
ma nascondiamo del dolore
che scivola, lo sentiremo poi,
abbiamo troppa fantasia, e se diciamo una bugia
è una mancata verità che prima o poi succederà
cambia il vento ma noi no
e se ci trasformiamo un po'
è per la voglia di piacere a chi c'è già o potrà arrivare a stare con noi,
siamo così
è difficile spiegare
certe giornate amare, lascia stare, tanto ci potrai trovare qui,
con le nostre notti bianche,
ma non saremo stanche neanche quando ti diremo ancora un altro "si".
@ Miss Marple: bentornata dal convegno alle Curili. Mah, a volte siamo davvero dei vecchi tromboni, a pretendere che le nuove generazioni condividano i nostri fondamentali. Se penso che alla fine per coerenza dovrei imporre loro anche "Maledetta primavera" della Goggi o "E la luna bussò" della Bertè, vengo assalito dai sensi di colpa. Anche perchè alla loro età ascoltavo i Soft Cell, i Discharge, gli Omega Tribe e i Dead Kennedys. Alla fine aveva ragione la mia solita bisnonna, quella che diceva " Quando il culo diventa frusto, il romanticismo diventa giusto".
(Ps: non lo trova un amore, il commento di Poto? Sarà che non capisco l'inglese, ma stravedo per la Mannoia)
ahiahiahi, ma non è vero... ditemi che non è vero... possibile che c'è qualcuno che non conosceva questa canzone? la giovinezza non è una scusante... scusate, ma non è possibile...
e la luna bussò alle porte del buio
fammi entrare! lui rispose di no
ed allora provò dove c'era il silenzio
ma una voce sguaiata disse: non è più tempo
quindi spalancò le finestre del vento e se ne andò
a cercare un po' più in là
qualche cosa da fare
dopo avere pianto un po'
per un altro no, per un altro no
che le disse il mare...
ah quanto ho amato quella canzone...
Edgarello, ma allora non sei così giovane come sembri! ;-)
Tu si ‘na cosa grande pe’ me
‘na cosa ca’ mma fa’ nammura’
‘na cosa ca’ si tu guard’ a’ mme
me ne moro accussi’
guardann’ a te
Vurria sap’e’ ‘na cosa da te
pecch’e’ quann’o me guardi accussi’
si pure tu te sient’muri’
nun’m dice e nun m’o fai capi’
ma pecche’
E dillo’ ‘na vota sola
si pure tu stai tremann’
dillo c’a me voi bene
comm’ io, comm’ io, comm’ io,
vojo bene a te
-----------------------------
Fotografando
questa porta aperta
sulla sabbia bianca
e i bastimenti immagini lontane
che se ne vanno lenti
su quella divisione
fra la terra e il mare
ormai così pulita
che sembra una ferita.
Fotografando
un gabbiano che passeggia
sopra le tue impronte
vedo il confine
fra le tue labbra e il mio cuore
ormai così distante
che sfiora l'orizzonte
come vorrei gridare forte
tu che dicevi che non serve a niente
come vorrei odiarti adesso
ma basterebbe solo averti qui
per darti anche quello che non ho.
-------------
Per quanto riguarda la prima all'epoca io non c'ero ancora, ma l'ho scoperta un giorno e l'ho trovata ancora straordinariamente moderna con quella sua rischiesta di chiarezza da parte dell'altro, la seconda fa parte del "mio repertorio", per il periodo storico, per la persona che la cantava, per tutte le volte che mi ha fatto compagnia.
Confesso, nemmeno io conoscevo la tua "Canzona Franciosa", ma le canzoni e le poesie hanno il bello che possono attraversare il tempo, in qualche modo non muoiono mai perchè di volta in volta possono dare voce sempre a nuovi sentimenti.
Non vi propongo il testo di serenata rap, perchè vi voglio bene, ma sappiate che credo sia stata la prima canzone d'amore a farmi battere il cuoricino (avevo 8 anni).
Poi mi sono anche evoluta, ma quella mi scatena commozioni irrefrenabili anche adesso (e nel mentre penso: che scemaaaa!)
Fratellone adorato, io ti dico semplicemente GRAZIE per aver postato il video della versione di Jolanda Cristina Gigliotti in arte Dalida...
:-***
Posta un commento