domenica 26 ottobre 2008

Sake

Dov'ero rimasto? Ah, si, al turbinoso andirivieni di ospiti stranieri che tra Sabato e ieri mattina mi hanno costretto ad una crapula pressochè permanente. Della maggior parte di essi non c'è molto da raccontare: sono rimasto molto colpito, invece, dalla delegazione giapponese. Al punto da cominciare a scriverne già Domenica scorsa, prima che le successive invasioni barbariche mi distogliessero del tutto da queste pagine. Riprendo integralmente quanto avevo buttato giù a caldo.

"Ieri sono poi arrivate le giornaliste giapponesi. Una sembra Yoko Ono ma è una simpaticona che strilla, grida, strabuzza gli occhi e bacia e abbraccia tutti quelli che gli capitano a tiro, gatto compreso. L'altra è uguale a Toshiro Mifune senza la barba, ed ha gli stessi modi di Toshiro Mifune quando recita la parte del samurai. Ti guarda come volesse dirti: "adesso fai attenzione a come parli, o ti spicco la testa dal busto con un sol colpo della mia katana". Non dicono di essere fidanzate, ma lo fanno capire in modo talmente chiaro da dissipare qualsiasi dubbio anche al gatto di cui sopra. In realtà sono venute in visita per accompagnare due fratelli produttori di sake in un piccolo laboratorio artigianale onusto di gloria e di quattrocento anni di storia. Siccome il mondo è piccolo, sono proprio della regione di Kai, teatro delle epiche gesta di Shingen Takeda immortalate in "Kagemusha" di Kurosawa, film che adoro alla follia. E già questo me li ha resi simpatici in partenza. Il fatto di arrivare dal Giappone profondo, ancestrale e rurale, così diverso da quello metropolitano ed internazionalizzato che bene o male conosciamo un po' tutti, li circonfonde di irresistibile esotismo. Uno è brutto in picco. Stortignaccolo, macilento, faccia da prugna secca, dentoni : è la caricatura del "muso giallo" nei cartoons americani degli anni '40. L'altro, beh, il diavolo mi porti, ma è uno dei dieci giapponesi veramente carini che esistono sulla faccia della Terra. Parlano un inglese orribile, ma siccome il mio , di inglese, è ancora peggiore, riusciamo a capirci ed a comunicare in modo decente senza l'intermediazione delle due strappone.
Passiamo insieme una lunga giornata, fino a notte fonda. Invece di farne la cronaca, preferisco esporre alcune considerazioni che stamattina, a mente lucida, mi frullano per il capo.
-Non so se per indole o per cultura, ma i miei ospiti hanno vissuto ogni momento della visita come una continua agnizione; non mi spiegherei altrimenti il costante concerto di mugolii di sorpresa estatica che esplodevano anche per le cose più banali. Esempi: nella vigna, io: "Ecco la vigna"; e loro: "woooohoooo!" sgranando gli occhioni. In casa, io: "Ecco la casa"; e loro: "wooooohooooo" sbattendo le palpebre. A tavola, io: "Ecco il caffè"; e loro "wooooohooooo!" e giù a far foto.
-Non so se per indole o per cultura, ma i miei ospiti si sono dimostrati non solo attentissimi, ma anche maniacalmente interessati a tutto ciò che vedevano o sentivano. Per dire, visitando la vigna hanno assaggiato un pizzico di terra, e gran parte delle erbe spontanee per capirne "...l'alchimia dei sapori". Mi hanno mitragliato di domande e bombardato di "woooooohooooooo!" ad ogni risposta.
-Non se se per indole o per cultura, ma i miei ospiti sembravano soffrire di un certo complesso d'inferiorità nei confronti del mondo occidentale. Anche lì, bordate di "wooooooohooooooo" quando ad esempio ho detto di amare molto l'Ukyo-e di Hiroshige e Hokusai, o di conoscere qualcosa del grande Shingen, o di aver già masticato le Kintaro-ame.
-Non so se per indole o per cultura, ma la leggendaria frugalità giapponese mi è sembrata simile a quella dei torinesi, morigerati e sobrii in casa propria, insaziabili come lupi in casa degli altri. Ammazza quanto hanno mangiato!
Del resto, visto che quello qui sotto è un intero, raffinatissimo e costosissimo pasto kaiseki ( filosofia gastronomica giapponese di stampo buddista, che letteralmente vuol dire "pietra calda sullo stomaco") , si può perdonare loro qualche eccesso, quando hanno la possibilità di commetterlo!



-Probabilmente non abituati al pranzo occidentale, hanno dimostrato vera contrarietà quando si sono resi conto che venivano tolti i vassoi dei primi antipasti per lasciar posto a quelli successivi.
La Toshiro Mifune mi ha guardato con occhi gelidi, ha dilatato le narici ed ha ruggito: "Fossi in te li lascerei sul tavolo, quei vassoi!". Siccome alla mia testa ci tengo, ho obbedito prontamente.
Bene, hanno continuato a stiparsi la roba nel piatto, mangiando tutto insieme, come se le varie portate non avessero valore se non contrappuntate alle altre. Per dire, al momento del bonèt al cioccolato e delle paste di melighe la prugna secca si è ancora servito una cucchiaiata di insalata russa ed alcune fette di salame.
-Però il sake è buonissimo! Quello fatto da loro, almeno. Tutti gli altri che ho avuto modo di assaggiare mi hanno sempre ricordato un vinello bianco precocemente invecchiato e stanco.
Il loro, fatto con metodi ultra-naturali ed antichissimi, ha profumi meravigliosamente freschi e floreali, e una delicata ma straordinaria complessità gustativa ed aromatica.
-Non so se per indole o per cultura, ma il pranzo si è protratto per ore, via via riscaldato dal connubio vino-sake, via via più rumoroso e caciarone, via via scandito da brindisi sempre più frequenti. Poi ad un certo punto mi sono accorto che i due fratelli erano spariti. Così, di punto in bianco, semplicemente spariti. Mah, saranno andati in bagno, pensavo. Macchè, erano saliti in macchina e ci si erano messi a dormire! Me ne sono accorto passandoci vicino, e sentendo venire da dentro un rumore di temporale, come quello che fanno i mangiatori di soba per le strade di Edo durante il capodanno. "

13 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi hai fatto venire voglia di bere del sakè sai? Uff

ribaldo ha detto...

Mai bevuto il sake. Non conosco una parola di tutte quelle in giapponese che hai scritto (tranne Kurosawa, T.Mifune e Hokusai), ma la descrizione è molto simpatica.
....certo che il bunèt con l'insalata russa, argh!!

Gan ha detto...

@ Antonio: peccato ne abbiano portato una sola bottiglia.
@ Rib: i due fratelli mi hanno invitato da loro dicendo: "porta chi vuoi". Ci andiamo io e te? Tu metti il viaggio e io metto il sake!

ribaldo ha detto...

ok, ci sto, via mare però,e a vela. Siccome sono in vena di generosità ti permetto di fare il Canale di Suez...

byb ha detto...

non vorrei sbagliarmi, ma le "porzioni mignon", servite in piatti enormi, sono pranzi _di lusso_, poi dovrebbero esistere anche i locali da poveracci, dove si spende decisamente meno, e si mangia fino a scoppiare.
almeno così mi avevano detto.

Anonimo ha detto...

Non ti sbagli, Byb. Ma la cultura gastronomica giapponese autentica è quella minimalista e quintessenziata che ha nel pasto "kaiseki" della foto le sue vette più alte. Una cultura che privilegia la concettualità del cibo, l'estetica della sua presentazione, la ritualità dei gesti, i sapori intesi come "segni" più che come "sensazioni". Le grandi abbuffate nei ristoranti a prezzo fisso sono un'importazione occidentale affatto recente. E probabilmente hanno avuto fortuna perchè permettono di soddisfare l'edonismo alimentare "quantitativo" che la gastronomia tradizionale giapponese ha sempre represso, ma che costituisce una pulsione primaria dell'uomo.

Asa_Ashel ha detto...

Che meraviglioso racconto , anche se faccio mie le parole di Ribaldo nel primo commento : sul Giappone e la cultura giapponese so ben poco, però mi trovo in sintonia con la filosofia della loro gastronomia "alta".
Mi sfugge una cosa di tutto questo : la presenza di questi ospiti e di tutte le delegazioni di passaggio che hai avuto a cosa è dovuto ?
Mi vien da pensare che l'immagine molto bucolica e rupestre che dai della tua vigna e dei suoi prodotti , sia un po' in sottotono rispetto alla realtà .
Insomma , mi par di capire che ti sei fatto un certo nome nel settore .
Qualche info approfondita non guasterebbe .
Non temere,tranne qualche sorso, io sono astemio, non approffiterò della nostra amicizia per bere aggratis .

Gan ha detto...

@ Asa_Ashel: a questo giro i visitatori esteri erano in gran parte legati al carrozzone di "Terra Madre" e del Salone del Gusto. A quelli concordati e preventivati si sono aggiunti anche gli scrocconi che arrivavano insalutati ospiti dicendo: "passavamo da queste parti e abbiamo pensato bene ad un saluto. Mmmmmh però, che buon profumino!"
Seeeeh, arrivi da Dusseldorff, da San Francisco o da Rennes e passavi PER CASO dietro casa mia all'ora di pranzo o a quella di cena, come no?
Sento rumori fuori dalla finestra, come delle voci, o meglio dei lamenti lontani...vado a vedere cos'è

frontixx ha detto...

...un racconto fantastico, bravo gan... non sai quanto mi sono divertito ad immaginarvi...;)))

byb ha detto...

uh
quindi basta presentarsi così per caso ad orari pasti per trovare asilo?

ora serve solo la posizione su una mappa del tesoro, per un blogger assalto alle tue cucine.
:D

Anonimo ha detto...

@ Byb: certo che si! L'unico rischio è capitare in momenti di magra, quando magari il convento non passa altro che "rape e fagiuoli" come a casa di Bertoldo. Ma un piatto di minestra non si nega a nessuno, mai.

Rosa ha detto...

Ma che bello,
tutti questi ospiti international!!
Comunque m'accodo ad asa-ashel...
Mi hai incuriosito assai...
E io non sono affatto astemia,
del resto da Trevigiana doc (o quasi), mai potrei esserlo :D

Canarino Mannaro ha detto...

Però potevi invitarmi, non tanto per il sake (che avrei comunque assaggiato volentieri), quanto per la delegazione giapponese... Conosci la mia passione per il Giappone, no? Passione tanto invisa ad una nostra comune conoscenza, ma questa è un'altra storia...
Ti abbraccio forte forte come se fossi lì...

Luis