sabato 1 novembre 2008

Il mio Halloween



"Entrano, ansimano muti:
ognuno è tanto mai stanco!
e si fermano seduti
la notte, intorno a quel bianco.

Stanno li sino a domani
col capo tra le mani,
senza che nulla si senta
sotto la lampada spenta."

E' vero, la festa di Halloween è stata importata ed introdotta di recente con intenti smaccatamente commerciali, come del resto quelle di San Valentino, della Mamma, del Papà. E' altrettanto vero che la cosa ha comportato l'adozione di segni, di simboli e di comportamenti del tutto estranei alla nostra cultura; ma è successa la stessa cosa con Babbo Natale, il cui definitivo dominio nel Natale degli italiani non risale a molto prima di un quarto di secolo fa. Per questo mi sembra tutt'ora eccessivo il "o tempora o mores!" che puntualmente sento sollevarsi in prossimità della ricorrenza; e mi fanno sorridere i miei coetanei che dicono : "Ai nostri tempi i Defunti si celebravano e si ricordavano con la preghiera ed il silenzio, mica con le mascherate ed il chiasso!" . A farmi questi discorsi sono i miei coetanei di città: perché quelli come me nati e cresciuti in campagna non potrebbero. Si ricordano infatti benissimo che ogni angolo d'Italia aveva ( e spesso ha ancora) i suoi riti pagani per celebrare la notte dei morti.
Quelli che si usavano da me, ed in parte si usano ancora, da bambino mi sembravano cose esclusive e magiche della mia terra: imparai più tardi che sia pure con molte varianti erano diffusi in tutta la Penisola. Il nostro Halloween si svolgeva il giorno seguente a quello contemporaneo, cioè nella notte fra il primo ed il 2 Novembre. In esso i morti ricevevano dal buon Dio il permesso di tornare sulla Terra a visitare i luoghi dove erano vissuti, e non visti, anche le persone care che vi avevano lasciato. Li si aspettava vegliando: dopo aver recitato qualche posta di rosario si stava allegri mangiando castagne prima bollite e poi arrostite, accompagnate da vino dolce, e ci si divertiva a sentir raccontare terribili storie di spiriti e di mostri, o ad ascoltare le nonne e le bisnonne a recitare in gran segreto preghiere e giaculatorie antichissime che il parroco vietava tassativamente giudicandole blasfeme.
Prima di andare a dormire si apparecchiava la tavola, e ci si posava una gran marmitta di zuppa di ceci e costine e code di maiale, pane bianco e vino a volontà. Si lasciava la finestra socchiusa in modo che i morti, arrivati dal lungo viaggio, potessero entrare e rifocillarsi. L'indomani la mamma faceva alzare presto tutti quanti, e cambiava le lenzuola e rifaceva i letti: i morti, che erano stati svegli tutta la notte, dovevano poter schiacciare un sonnellino prima di affrontare la strada del ritorno. A pranzo si mangiava la zuppa di ceci, che in altre parti d'Italia diventano fagioli o fave, ma che in ogni caso rappresentano l'eterno rinnovarsi dell'esistenza ed il suo perpetuo cambiare di essenza. All'imbrunire succedeva una cosa straordinaria: le vecchie della borgata si riunivano, e passavano casa per casa a "chiedere i morti". Inquietanti nel crepuscolo come vere streghe, battevano alla porta delle cascine: non entravano, ma sulla soglia recitavano quelle strane preghiere in lingua antica e dimenticata, piene di visioni apocalittiche e di salvifiche profusioni di sangue divino.
Ricordo ad esempio una strofa che diceva: "...vederej el mar/che n'aonderà/e tuto l'aigo serà sangue" : vedrete il mare che ci sommergerà, e tutta l'acqua sarà sangue.
Ma tutto questo aveva funzione scaramantica ed apotropaica, perchè la famiglia così visitata ricompensava le vecchie con noci, frutta secca o confetture.
Quella tradizione si estinse pochi anni dopo la mia nascita, un po' per la crescente ostilità dei parroci, un po' per i veti di figlie e nuore che all'epoca "si vergognavano" nel vedere madri e suocere questuanti, e che oggi cuciono i costumi da vampiro ai nipotini e li spingono in giro a chiedere "Dolcetto o scherzetto".
Ma ora smetto: ho sentito un rumore, fuori, come di passi leggeri e lenti, strascicati e affaticati.
Un altro rumore leggero, come se qualcuno si stia divertendo a grattare il vetro della finestra con unghie insolitamente lunghe...lunghissime.
Ora vado a vedere cos'è poi torno

11 commenti:

Asa_Ashel ha detto...

stavo commentando ma lo spazio preso stava diventando troppo esteso , ho preferito girare la cosa sul mio blog .

Concordo con quello che dici sulle tradizioni andate perse uscite dalla porta e rientrate dalla finestra sotto mentite spoglie , e come sempre i detrattori sono perlopiù quelli che non vogliono altri protagonisti a rubare loro la scena di "maestri unici " .

ribaldo ha detto...

Oh!!!...Boecklin!
L'ho visto questa primavera:sono rimasto ipnotizzato per un tempo senza tempo.

...ma sai che in altre zone della nostra regione in questi giorni non c'era più nulla da generazioni?

Concordo con quello che ha scritto asa-ashel, però le "feste finte" (tutte, natale compreso)fanno una tristezza...o no?

Gan ha detto...

Hai ragione Rib. Il fatto è che ti puoi accorgere se una festa è "finta" solo se la conosci nella versione autentica. E non tutti hanno avuto questa opportunità. Io sono nato e mi sono formato nell'ultimo crepuscolo della cultura contadina morente: ne ho raccolto l'agonia e gli ultimi spasimi, ma ciò mi è bastato per dare un significato del tutto diverso alla ritualità ed al modo di recepire il tempo e lo spazio.

Anonimo ha detto...

il post è talmente bello che sono stato costretto a rileggerlo tre volte...vi ho ritrovato termini intravisti per l'ultima volta sulla mia letteratura di greco del liceo. (sto sospirando da almeno un quarto d'ora)

By the way, non è tanto il fatto che le tradizioni si ripresentino, ma che vengano svilite e private del loro significato originario e ancestrale, a non piacermi.

Altrimenti si finisce come un gruppo di miei amici (fusi) che si ritrovano per festeggiare "Hallo-wine".

Boh

ribaldo ha detto...

le feste vere oggi sono gli sballi in discoteca e poco altro

beckett ha detto...

A parte la data (un giorno prima che da voi), e la citata sostituzione dei ceci con le fave, a Manfredonia si svolge(va), identico, il rituale che hai minuziosamente riportato. Con la variante che le vecchine vagabonde prediligevano le case dei pescatori, per bussarvi (ma suppongo che ciò derivi dall'essere città di mare). Ora la tradizione è quasi perduta, a quanto ne so; ma conosco chi ancora, la sera del 31, lascia la tavola imbandita di tutto punto, e si desta molto presto l'indomani.

Edgar ha detto...

Concordo sul fastidio indotto da chi ogni anno mi ripete che Halloween è l'ennesima americanata importata in un Paese che si vergogna delle proprie tradizioni. Penso che, dato che qsto mondo si fa sempre più piccolo, non ci sia alcun male ad accogliere e rispettare anche le tradizioni degli altri.
Per quanto mi riguarda, purtroppo l'unico rito legato a questi giorni era quello della visita ai vari cimiteri, per ritrovare tutti i vari parenti, quelli defunti ma anche quelli vivi. Un po' una barba...(soprattutto in relazione ai vivi...)

Anonimo ha detto...

@ Beckett: hai ragione, e la cosa mi ha sempre affascinato. Cioè, quassù molti ricollegano i riti dei morti a reminiscenze celtiche; avendoli ritrovati con poche varianti al Nord, al Sud, all'Est e all'Ovest d'Italia, penso sia più corretto farli risalire al mondo romano, assai più unificante e condizionante.

@ Edgar: oggi è toccato anche a me, cause di forza maggiore. Le vecchissime e sconosciutissime parenti che ho incontrato non hanno saputo dirmi di meglio se non: "Quando ti sposi?". Ma fa parte del copione.

Rosa ha detto...

La tradizione che mi hai descritto è meravgliosa...
Io mi definisco poco più che agnostica, ma queste cose per me hanno un fascino speciale...
Ho sempre pensato che si dovrebbe rivalutare e coltivare una certa propensione al lato magico e spirituale della vita, sopratutto nei bambini: oggi sono fin troppo smaliziati e iper-razionali fin da piccoli.
Penso che "da grande" mi metterò d'impegno per riproporre in famiglia certe innocue superstizioni, con una buona dose di sincretismo, dato che non le ho vissute i prima persona :D
Mi darete una mano?!

Anonimo ha detto...

@ Rosa: ecco, se sarò confermato nel ruolo di fata madrina insegnerò ai bubini come riconoscere le creature magiche che popolano ancora le campagne, e che ogni tanto fanno qualche gita anche in città. Nessuno le vede più, ma ci sono.
Magicabula!

Rosa ha detto...

Ma certo che sei confermato come Fata MAdrina, ci mancherebbe altro!!!
Se poi sarai così bravo da affascinare la prole con storie di spiriti e fantasmi, sari promosso madrina in capo ;)