giovedì 28 agosto 2008

Bandiere


Il provvidenziale e tempestivo intervento di Francesco Merlo su Repubblica ha sventato il complotto della potente lobby omosessuale ed ha impedito che la memoria del povero Domenico Riso fosse subdolamente trasformata in una bandiera per il movimento gay. Ora però non mi stupirei se qualcun altro si calasse lo scolapaste in testa, imbracciasse il Mocio Vileda ed intraprendesse la sua personale crociata per evitare che, stanti le dichiarazioni del sindaco di Isola delle Femmine, lo scomparso diventi una piccola gloria comunale, un blasone municipale con tanto di strada dedicata. E' il sempre attento Raffinato Gentiluomo Subalpino a sollevare la questione, scrivendomi:
"...  perché mai intitolare una strada ad un uomo
che è morto in un
incidente aereo?
(...) e tutti gli altri saranno ricordati
nei rispettivi paesi con lapidi, stele o
archi trionfali?
E allora tutti quelli che muoiono
sulle strade durante gli esodi

ferragostani o nei weekend??? E le famiglie morte
carbonizzata sulla A4 non più tardi
di qualche
settimana fa??
Anche loro avrebbero diritto, seguendo questa
logica, ad
almeno una piazza: ed invece non sappiamo
nemmeno i loro nomi, anche se morti
nello stesso modo...
arsi vivi".



Io credo che la risposta sia nelle parole del Sindaco, che mi hanno veramente commosso e stupito, abituato come sono ai vuoti e pelosi cordoglifici delle pubbliche amministrazioni. Credo che la risposta sia nel quieto orgoglio manifestato per le qualità umane di Domenico, qualità espresse anche nel suo essere serenamente, positivamente, costruttivamente gay; qualità sentite come "pubbliche", e recepite come nobilitanti per l'intera comunità al punto da essere ritenute degne non solo di encomio, ma anche di duratura memoria. Ragazzi, parliamo di un paese di 7.000 abitanti nella Sicilia profonda, dipinto da qualche giornalista alla stregua di un limbo di arretratezza sociale e culturale, e invece in grado di impartire una memorabile lezione di civiltà. Per Isola delle Femmine Domenico non è solo la vittima di un disastro aereo che ha portato una improvvisa e breve ventata di notorietà: è un figlio amato, di cui si tiene la fotografia incorniciata sul comodino; è un amico stimato e benvoluto, di cui si conserva sorridendo la memoria, e la si corrobora con piacere. Forse intitolargli una strada è eccessivo e un po' sterile; ma ritengo bellissimo dedicargli un premio culturale, o un centro studi, o una borsa di studio a favore di chi si impegna a favore delle famiglie GLBT, o contro l'omofobia.
Domenico Riso non è una bandiera: è l' affetto collettivo, semplice e buono, di una comunità; è una soave lezione di vita che non si può ignorare nè travisare. Sotto questi aspetti ritengo sia giusto conservarne la memoria.

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